Attraverso le Ong, l’Italia interverrà nei “campi di detenzione” in Libia al fine di migliorare le condizioni dei migranti trattenuti. Lo ha rivelato all’Ansa il viceministro degli Esteri, Mario Giro, confermando il piano proposto alle organizzazioni umanitarie anticipato da La Stampa. L’esponente del Governo presieduto da Paolo Gentiloni ha riunito ieri alla Farnesina tutte le organizzazioni non governative interessate accreditate presso l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che “già operano in Libia nel settore della sanità e con l’infanzia”.
6 milioni di euro
“Tra brevissimo, entro settembre” sarà messo a bando uno stanziamento di 6 milioni di euro della Cooperazione italiana, ha aggiunto Giro, spiegando che “anche le autorità libiche saranno totalmente coinvolte, chiedendo loro di farci accedere”.
Il progetto
Il progetto inizierà dalla capitale libica, Tripoli, per “poi allargarsi” ad altre parti del Paese, “prima fornendo aiuti dall’esterno, con cibo, beni di prima necessità, kit medici, coperte, materassi e letti, per poi piano piano mettere un piede nella porta” dei campi, “fino ad arrivare a gestirli”, ha spiegato il viceministro.
Due condizioni
“Ci sono però due condizioni: che sia garantita la sicurezza e che le autorità libiche concedano i permessi“, ha sottolineato Giro, precisando che “c’è un negoziato in corso”.
Altri 3 milioni di euro, ha aggiunto, saranno destinati a un progetto speciale che riguarda le municipalità: “Non lavoreremo solo per i migranti, ma anche per i libici, attraverso i comuni, per ricostruire un minimo di vita civile sul territorio, con strutture sanitarie, scuole e sistemi di nettezza urbana”. Giro ha riscontrato la “disponibilità” da parte delle Ong, di cui “alcune lavorano già in Libia con la Cooperazione”, al piano proposto. E dal 10 settembre sarà inviato a Tripoli un responsabile dell’ufficio di Tunisi dell’Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo.
Rimpatri assistiti
“Il mio obiettivo, neanche troppo segreto – ha concluso Giro – è quello di svuotarli, questi centri; mettere innanzitutto i migranti in condizioni di resistere e di non morire; secondo, essere presenti come testimoni per evitare quello che succede. Quando arriveranno l’Oim e l’Unhcr, e non si prevede prima di gennaio dai dati in nostro possesso, con loro riusciremo a fare i rimpatri assistiti. Non possiamo lasciarli lì”.