Renzi contro Letta, quattro anni dopo: l’ex premier e attuale segretario del Partito democratico, nel giorno della presentazione del suo libro “Avanti”, è tornato a parlare del famigerato “passaggio della campanella” avvenuto con l’allora presidente del Consiglio uscente, Enrico Letta, chiamato alla guida del Paese dal Capo di Stato Giorgio Napolitano il 28 febbraio del 2014. Un avvicendamento che, come spiegato dallo stesso Renzi, “non fu un golpe: l’idea che si sia trattato di una coltellata alle spalle è una fake news come se Letta fosse stato usurpato di chissà quale investitura democratica o popolare”. Un’uscita che l’ex premier Letta ha tutt’altro che gradito, replicando nella giornata di ieri con una frase emblematica: “Il silenzio esprime meglio il disgusto”. E soprattutto, precisa l’ex premier, “mantiene le distanze”.
La polemica successiva all’uscita di Renzi (una rievocazione del tempo che fu più o meno in linea con l”Avanti” che dà il titolo al suo libro) si è articolata non tanto sulla questione della successione in sé, quanto sulla modalità dell’avvicendamento che, come spiegato dal segretario del Nazareno, fu voluta “in primis dalla minoranza del Pd”, in “un’operazione di democrazia interna, giusta per il Partito e per il Paese”. D’altronde, come sottolineato ancora dall’ex sindaco di Firenze, “l’unica volta in cui Enrico si era candidato alle primarie, nel 2007, aveva raccolto la miseria dell’11% dei voti”. Nessuna usurpazione, dunque, anche se Letta affrontò il passaggio della campanella, prosegue Renzi, “in modalità broncio”, specie a seguito del controverso post “Enrico stai sereno”. L’attuale segretario dem, però, taglia corto: “Il Pd ha semplicemente cambiato cavallo” e Letta, invece di prenderne atto, “fa la parte della vittima che funziona sempre in un paese in cui si ha più simpatia per chi non ce la fa che per chi ci prova”. Da qui l’ormai famosa replica dell’ex premier sulla maggiore valenza del silenzio come prova esemplificativa di un disgusto che la dice lunga sul netto taglio fra il vecchio e il nuovo percorso democratico.
Probabilmente “Avanti” significa anche questo e chissà che il flashback tutt’altro che nostalgico dell’ex premier non sia servito a sancire definitivamente il cambio di rotta del partito. Certo è che, già prima della sua uscita, il libro sulla cavalcata del governo Renzi aveva già fatto discutere. Un volume che, a ogni modo, il leader del Nazareno ha spiegato di aver scritto di suo pugno, senza ghost-writer, dedicandolo a chi, come sostiene, lo ha pregato perché non mollasse dopo il fallimento del referendum: “Volevo smettere davvero… 26 mila mail di quei giorni e che dicevano non è colpa tua, torna a combattere”.
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