REGIONE LAZIO: I FINANZIAMENTI AL PD E A ZINGARETTI NEL MIRINO DELLA CORTE DEI CONTI

E’ consultabile sul sito della Corte dei Conti la relazione che mette nel mirino le somme ricevute dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti e dal Pd. I magistrati hanno preso in esame “i consuntivi delle spese e dei finanziamenti delle formazioni politiche presente alla campagna elettorale del 24 e 25 febbraio 2013” in Lombardia, Lazio e Molise. Il primo fondamentale problema è che sia per il Pd che per la lista personale del presidente della Regioni sono venuti a mancare alcuni documenti. Nel caso dei Dem, a fronte di circa 326mila euro di finanziamenti ricevuti, la Corte dei Conti nonostante le richieste non ha ricevuto tutto il materiale.

Tutto questo è stato riportato nero su bianco in una relazione di 150 pagine firmata dai magistrati Tommaso Brancato, Natale Maria Alfonso D’AMico e Alberto Rigoni datata il 21 luglio 2015, frutto di una lunga e minuziosa indagine. Nella relazioni i magistrati spiegano che il rappresentante legale dell’Unione Regionale del Lazio del Partito Democratico, ha trasmesso solo una parte della documentazione richiesta. Il Collegio ha quindi chiesto l’integrazione dei file mancanti relativi alla fonti di finanziamento. Certificati che però non sono mai arrivati.

Secondo la legge, infatti, quando una società aiuta una formazione politica, è necessario nel rendiconto finale del partito presentare tre documenti: una dichiarazione di chi dà e di chi riceve, la delibera della società che autorizza la spesa e infine l’iscrizione a bilancio dell’avvenuto finanziamento.

E’ proprio su questo punto che si riscontrano le prime difficoltà: sono infatti 12 le società che mancano all’appello per un totale di 18700 euro. Una situazione che si ripete per la lista Zingaretti di cui non si hanno i certificati di 19 società per un contributo totale di 146 mila euro. Non è l’unica grana però che la relazione fa emergere. C’è anche un presunto calcolo errato sul cofinanziamento che, in base alla legge del 2012, prevede che i partiti ricevano dallo Stato 50 centesimi per ogni euro versato dai privati.