“Porte aperte al dialogo, io rispetto chi vota no. Ma chi dice che se vince il sì l’Italia diventa fascista si deve vergognare”. Lo ha detto Matteo Renzi, rivolgendosi a quel pezzo di sinistra che gli chiede di ascoltare le ragioni del No al referendum. Nel giorno in cui la Cgil indica ai suoi iscritti di bocciare la riforma costituzionale, il presidente del Consiglio interviene alle feste dell’Unità di Reggio Emilia e Firenze. E rivendica l’aver schierato il Pd in forze nella battaglia per il Sì: “Un partito deve indicare una direzione e dire che l’Italia deve cambiare”.
Renzi si confronterà con il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia il 15 a Bologna. Ma annuncia una grande campagna per il Sì, con “e-mail, sms, cartelloni”, perché far passare la riforma è “la partita più grande” e dirlo non è “mancare di rispetto a nessuno”. Ma a segnare il dibattito è ancora il confronto-scontro con Massimo D’Alema. L’ex premier prosegue la campagna per bocciare una “riforma confusa che riduce la partecipazione”. E chiede al leader Dem di fissare la data del referendum perché “non si può votare sotto la neve”. Ma Renzi ribatte a muso duro: “Lui e Berlusconi si amano, rispettiamoli”, scherza. Poi, serio: “Ce l’ha con me perché non l’ho nominato Alto rappresentante della politica estera Ue. Fa battaglia politica per un risentimento personale”, accusa.
Parole alle quali – polemicamente – l’ex premier da Milano non controreplica (“alle sciocchezze non rispondo”, afferma). E da Firenze Renzi aggiunge che “una parte della responsabilità del pasticcio Mps è della sinistra”. E non commenta, facendo il segno di tenere la bocca cucita, le dimissioni dell’ad Fabrizio Viola anche se si augura che l’aumento di capitale della banca possa esserci molto presto. Nel referendum non è “in ballo il governo o una carriera personale, ma la credibilità del Paese”, ribadisce Renzi. E, spiega agli emiliani, “siamo molto convinti che quando sarà chiaro l’argomento del referendum, saranno in tanti a votare sì. Manderemo e-mail per spiegare che è una cosa semplice: un po’ meno politici, un po’ più politica”.
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