Piazze e tv: chiudono le campagne elettorali

Volgono al termine le infuocate campagne elettorali dei partiti, pronti a sfidarsi alle urne nella giornata di domenica alla ricerca di quel consenso che potrebbe consentire a ognuno di loro di essere il prossimo a salire al Governo del Paese. Qualcuno, come Di Maio, ha scelto la piazza; altri, come Berlusconi, hanno preferito lo schermo televisivo. Altri ancora, vedi Renzi, il teatro. Le ultime cartucce da sparare prima del silenzio elettorale e, ovviamente, del voto.

Di Maio e Grillo in piazza

Il palco giusto per chiudere in bellezza, il candidato M5s Luigi Di Maio lo ha piazzato in Piazza del Popolo, allestendo una serata conclusiva partecipata dall'establishment laziale del Movimento, da Virginia Raggi alla candidata alla Regione Lazio, Roberta Lombardi, fino a Stefano Di Battista. E c'era anche Beppe Grillo a sostenere il giovane aspirante premier, aprendo e chiudendo l'intervento del capo politico, non mancando di caricare il pubblico pentastellato tornando a riferirsi all'epoca del 'Vaffa': un'epoca che, secondo il fondatore, “può darsi sia finito. Perché quando c'era quel silenzio che non parlava nessuno, noi abbiamo gridato, avevamo rivendicato il nostro diritto al grido. Ma il Vaffa rimarrà, almeno una sua parte: sarà un 'vaffino', magari da attaccare al frigo”. Entusiasta il candidato Di Maio, accolto da un applauso: “Non vi posso parlare di sondaggi, ma mi vedete particolarmente sorridente perché ne ho apena visto uno che ci dà a un passo dalla vittoria. Possiamo vincere in tutti i collegi del Sud e in molti del Nord. Avremo un gruppo parlamentare tre volte più grande. Con noi finisce l'epoca delle poltrone e inizia quelle di chi nelle istituzioni lavora per i cittadini”.

Il Centrodestra

Niente piazza per Silvio Berlusconi che sceglie la poltrona di 'Porta a porta' (dove presenzieranno anche Renzi e Di Maio) per ribadire tutta la sua fiducia nel candidato del Centrodestra Tajani: “Con lui premier – ha detto il leader di Forza Italia – ci sarà un fondo unico per il Sud che prevede 500 mila posti di lavoro entro il 2020″. Ma non solo: secondo il leader forzista, il quale ha incontrato il candidato quest'oggi a Palazzo Grazioli, “con la campagna elettorale abbiamo fermato i Cinque stelle. Sono lontanissimi dal 40%, come il Pd. Il Centrodestra invece è vicino al 40%, chi dice un punto in più chi un punto in meno. Ma i 5 stelle sono un pericolo se acquisiscono troppi voti”. E questo perché, spiega l'ex premier, potrebbero applicare “un ostruzionismo” feroce e “il Parlamento si potrebbe anche bloccare”. Perpelessità sulla figura di Tajani da parte degli altri due leader del Centrodestra: Meloni, che ha chiuso la sua campagna elettorale a Latina, ha spiegato che preferirbbe “uno che in Europa sappia battere di più i pugni sul tavolo”, e anche Salvini ha sottolineato di come il presidente uscente del Parlamaento europeo sia “un buon presidente. Io ho una visione più netta sull'Europa. Rispetto Tajani, ma il mio auspicio è che rimanga presidente del Parlamento europeo, e Salvini sia il premier”.

Grasso e Renzi

Ancora giovane lo schieramento di Liberi e uguali ma che tenta comunque di mostrare una sua identità: “Noi contiamo che Leu possa essere un argine al governo Renzi-Berlusconi – ha spiegato Pietro Grasso da Palermo -, al governo del M5s, alla destra che avanza”. Poi, una stoccata ai 5 stelle (“Penso che i governi debbano essere fatti dopo che il presidente della Repubblica dà un incarico al presidente del Consiglio. Farli prima mi sembra una mossa propagandistica per accreditare quasi il fatto che si è vinto”) e al Pd (“Renzi non lascia se perde le elezioni? È un problema loro, non so se sia una promessa o una minaccia”). E, proprio Matteo Renzi, ha deciso di concludere la campagna elettorale nella sua Firenze, da dove  ha spiegato che i dem “rispettano il compito istituzionale del Presidente della Repubblica”. Per quanto riguarda il candidato premier, l'ex premier si è mantenuto sul vago: “Non so se sarà Paolo Gentiloni o gli altri nomi del Pd come Delrio, Minniti, Calenda, Franceschini. Sono comunque convinto che tutti gli italiani riconoscano in questi nomi professionalità e autorevolezza, una forza decisamente superiore ai nostri competitor”. Una cosa è certa, vadano come vadano le elezioni, “resterò segretario fino al 2021, sono le primarie a decidere il segretario del Pd”.