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Neonati, stop della Camera all’obbligo del cognome paterno

Dalla Francia alla Spagna, dal Regno Unito alla Germania fino all’Olanda, i genitori hanno la possibilità di scegliere quale cognome attribuire ai propri figli: se quello della madre, del padre o di entrambi. Queste riforme hanno oltre dieci anni d’età – in Francia venne varata nel 2003 – e uno dei pochi paesi rimasto a lungo fuori dal “trend” è proprio l’Italia. Il 7 gennaio scorso due coniugi, Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, fecero ricorso alla Corte europea dei diritti umani in quanto lo Stato italiano, al momento della registrazione all’anagrafe, aveva impedito loro di attribuire alla figlia il cognome della madre. L’organo di Strasburgo, in risposta, condannò il nostro paese affermando che “dare ai figli il cognome della madre è un diritto” e che il Paese avrebbe dovuto “adottare riforme legislative o di altra natura” per rimediare alla violazione riscontrata”.

A meno di un anno dal “rimprovero” dei giudici europei, alla Camera è passata la proposta di legge che abolisce l’obbligo del cognome paterno per i figli. Il testo, approvato a voto segreto a Montecitorio con 239 si, 92 no e 69 astenuti e in procinto di passare al Senato, prevede che il figlio –sia legittimo che non – potrà avere alla nascita il cognome della madre, del padre o di entrambi. La scelta è riservata ai genitori – secondo il principio che il Regno Unito chiama ‘parental responsibility’- e in caso di disaccordo, il bambino otterrà il nome di entrambi in ordine alfabetico.
L’applicazione di queste nuove norme sarà operativa nel momento in cui entrerà in vigore il regolamento che deve adeguare l’ordinamento dello stato civile, ma nel frattempo resta possibile aggiungere, in qualsiasi momento, il cognome materno.
E mentre gli esponenti di M5S si sono completamente astenuti dal voto in camera, c’è chi si espone esplicitamente in merito a questa prima approvazione: Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia alla Camera, afferma che questo “è un altro passo avanti verso la parità dei sessi”; Stefania Prestigiacomo, invece, spera in un affossamento da parte del senato e – peraltro in veste di ex ministro per le Pari Opportunità-  lancia l’hashtag su Twitter: “Incredibile! #Senatoaffossala”.

 

 

 

 

 

Giulia Capozzi

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