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Mattarella ai giovani magistrati: “Mai smarrire il senso dei propri limiti”

“Non bisogna smarrire mai il senso dei propri limiti soprattutto istituzionali“. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai giovani magistrati che, una volta finito il loro iter formativo, si accingono a indossare la toga e “rendere Giustizia“. Nell’austero salone dei Corazzieri al Quirinale, alla presenza del vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, Mattarella parla da primo magistrato d’Italia, ricordando anche la propria esperienza di giudice della Corte costituzionale, con un invito a non cadere nella trappola del narcisismo: “Rifuggite dal sottile condizionamento della percezione dell’importanza del proprio ruolo. Questo lo dico anzitutto a me stesso”, sono le sue parole.

Mattarella ascolta l’appello di Legnini ai giudici a “non trarre o ricercare consenso da qualunque altra attività, prova o manifestazione di gradimento”. E dice: “I magistrati hanno un compito molto importante. Non fatevi condizionare da nulla se non dalla legge“. Il capo dello Stato ricorda che “la magistratura nella nostra recente storia ha dimostrato di avere tutti gli strumenti per garantire il riconoscimento dei diritti, senza condizionamenti. E’ un bene che sia sempre più orgogliosa della sua funzione insostituibile, ma anche consapevole della grande responsabilità che grava sulla sua azione”.

E qui Mattarella fa l'”identikit” del magistrato e delle doti che deve coltivare: “Equilibrio, ragionevolezza, misura, riserbo sono virtù che, al pari della preparazione professionale, devono guidare l’agire del magistrato in ogni sua decisione. Lo spirito critico verso le proprie posizione e ‘l’arte del dubbio’, l’utilità del dubbio, sorreggono sempre una decisione giusta, frutto di un consapevole bilanciamento tra i diversi valori tutelati dalla Costituzione” ammonisce, con una esortazione: “Evitando di correre il rischio dell’arbitrio si tutela al meglio l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. L’inquilino del Quirinale invita le giovani toghe a “fare squadra” e a “sentirsi inseriti nell’ufficio giudiziario cui si appartiene ed avvantaggiarsi dello scambio e della collaborazione con colleghi e con i dirigenti degli uffici”. Il tutto con la consapevolezza che “senza giustizia non c’è dignità della persona, non c’è uguaglianza, non c’è democrazia”.

Daniele Vice

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