A maggio l’inflazione è scesa dello 0,2% su base mensile ma è cresciuta dell’1,4% rispetto allo stesso mese del 2016. Lo comunica l’Istat confermando la stima preliminare sull’indice nazione dei prezzi al consumo, che frena di mezzo punto percentuale dopo aver raggiunto l’1,9% ad aprile.
L’inflazione acquisita per il 2017 è pari a +1,2%. La frenata del tasso a maggio, spiega l’Istat, “è dovuta in particolare ai prezzi di talune tipologie di prodotto, la cui crescita si riduce di ampiezza pur rimanendo sostenuta”: gli energetici non regolamentati (+6,8%, da +9,1% di aprile), i servizi relativi ai trasporti (+3,2% da +5,5%) e gli alimentari non lavorati (+3,8% da +4,7%). Il rallentamento della crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti, invece, è la ragione prevalente del ridimensionamento dell'”inflazione di fondo“, sia al netto degli energetici e degli alimentari freschi (+0,7% da +1,1% di aprile) sia al netto dei soli beni energetici (+1,0% da +1,3%).
Quanto alla diminuzione su base mensile dell’indice generale, questa è dovuta “quasi esclusivamente ai ribassi dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-2,2%), che risentono dell’effetto di fattori stagionali di segno opposto a quelli che ne avevano determinato la forte crescita nel mese di aprile” con le vacanze di Pasqua e la festa della Liberazione.
Notizie non buone sul fronte del debito pubblico che sale a 2.270 miliardi di euro, segnando un nuovo record. Ad aprile il passivo delle Amministrazioni pubbliche è stato pari a 2.270,4 miliardi, in aumento di 10,1 miliardi rispetto a marzo, come si legge nel fascicolo “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” della Banca d’Italia. Con riferimento ai sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 9,6 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è aumentato di 0,5 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto pressoché invariato.
L’incremento del debito ad aprile, si legge, è dovuto al fabbisogno mensile delle Amministrazioni pubbliche (5,5 miliardi) e all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (per 3,9 miliardi, a 58,5; erano pari a 64,7 miliardi alla fine di aprile 2016) e all’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del tasso di cambio (0,7 miliardi).
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