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Il massacro degli innocenti sul Rapido 904

Fu una strage di Natale, con l'immagine emblematica di una carrozza sventrata e sferzata dal gelo dell'inverno dell'84, che di lì a qualche ora avrebbe gettato la sua neve. Eppure la tragedia del Rapido 904, dopo 35 anni, continua a essere una delle meno discusse in Italia, nonostante il suo drammatico bilancio in termini di vite perdute. Perché quella bomba, esplosa nella Grande galleria dell'Appennino, tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, provocò 16 vittime, fra le quali un'intera famiglia di quattro persone, con due bambini che di quei morti furono i più giovani. Venne fatta esplodere in piena galleria la bomba, dilaniando il convoglio da Napoli a Milano all'altezza dei vagoni di mezzo, squarciando le carrozze e spezzando all'istante 15 vite. Più della strage dell'Italicus, di cui fu considerata gemella, per luogo, modalità e crudeltà: “Il 35esimo anniversario della strage avvenuta sul treno rapido 904 – ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – è un giorno di memoria e di raccoglimento per la nostra comunità nazionale. Le vite spezzate di passeggeri inermi, alcuni dei quali bambini, le sofferenze dei tanti feriti, l'atroce dolore patito dai familiari hanno impresso un segno indelebile nella storia della Repubblica”.

Una nuova guerra

Era il 1984, il Paese usciva dagli Anni di piombo per entrare, di lì a poco, in una guerra che di quella al terrorismo fu l'erede, altrettanto violenta e spietata. Una guerra alla mafia, a quella criminalità organizzata che fu ritenuta responsabile del massacro di Natale, considerato dalla Commissione Stragi un'antesignana degli anni delle nuove bombe: “Il Natale del 1984 – ha detto il Capo dello Stato – venne sconvolto da quella bomba, collocata su un treno affollato di cittadini che si preparavano alle festività. Le indagini e i processi accertarono una matrice mafiosa, un tentativo di ricatto allo Stato contro l’azione di contrasto alla criminalità organizzata”. Con quel ricatto, gli stragisti vollero colpire con ferocia, scegliendo un treno su cui non viaggiavano personalità o figure di riferimento, ma famiglie comuni dirette dal Sud al Nord con il solo desiderio di festeggiare il Natale. Un attacco “contro le istituzioni democratiche e la convivenza civile”, certo, ma anche un colpo al cuore di un Paese ancora ferito dal tritolo della stazione di Bologna e da una stagione di sangue che stava passando il testimone a una nuova. Solo nel 1992 venne confermata in Cassazione la matrice terroristico-mafiosa. Era il mese di marzo: di lì a poco, la nuova guerra avrebbe provocato i suoi lutti più dolorosi e lo Stato subito la sua sfida più atroce.

DM

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