Mentre fra Salvini e Di Maio si consuma lo scontro a distanza sulla formazione del nuovo Governo, l'Assemblea del Senato ha raggiunto l'accordo per l'elezione di quattro vicepresidenti, eletti rispettivamente con 164, 119, 105 e 63 voti, destinati nell'ordine a Roberto Calderoli (Lega), Ignazio La Russa (FdI), Paola Taverna (M5s) e Anna Rossomando (Pd). Con loro, l'Assemblea ha scelto anche i tre Questori: Antonio De Poli (in quota Forza Italia), Paolo Arrigoni (Lega) e Laura Bottici del Movimento Cinque stelle, confermata dopo aver ricoperto il ruolo già nella XVII Legislatura sotto la presidenza Grasso. A far rumore, anche in questo caso, è l'assenza del Pd, rimasto a mani vuote fra i Questori come nella schiera degli otto segretari d'Aula, ripartiti fra Lega, FI e M5s: Paolo Tosato e Tiziana Nisini del Carroccio, Francesco Giro e Vincenzo Carbone degli Azzurri, Michela Montevecchi, Sergio Puglia, Gianluca Castaldi e Giuseppe Pisani dei pentastellati.
E' la prima volta che in Senato l'opposizione non riesce a inserire un proprio nome fra i Questori, nonostante nel pomeriggio il segretario reggente dem, Maurizio Martina, aveva avanzato che “la presenza del Pd nelle presidenze di Camera e Senato è una questione democratica”. Un'andata a vuoto che avrà indubbiamente forti ripercussioni istituzionali fra il Nazareno e il Movimento Cinque stelle, coi pentastellati che chiedevano i voti per fare diventare Bottici questore anziano in cambio dell'elezione di un vicepresidente del Pd. Proposta accolta freddamente dai dem: “Nella passata legislatura abbiamo fatto la stessa cosa noi, eleggendo Luigi Di Maio vicepresidente. Noi, però, non siamo disponibili a scambi”.
In serata è arrivato il commento del neo-capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, che al Tg3 ha espresso il suo rammarico per quanto accaduto: “Una cosa molto grave, mai successa: la maggioranza che ha già eletto i presidenti ha deciso di non dare possibilità di accesso all'opposizione”. La nuova beffa incassata dal Pd, secondo il caogruppo, “rafforza un rapporto basato sulla spartizione e sull'assenza di trasparenza tra M5S e Lega”. Per Marcucci “il metodo è chiaro: già non c'è nessuna affinità in termini programmatici, a voi le conclusioni…”.
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