DE BORTOLI SALUTA IL CORRIERE: “RENZI MALEDUCATO DI TALENTO”

Per Ferruccio De Bortoli è l’ultimo giorno alla guida del Corriere della Sera dopo l’addio annunciato l’estate scorsa. Per salutare i lettori e tracciare un bilancio di 12 anni complessivi di direzione (ha ricoperto per due volte l’incarico, dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015) ha deciso di scrivere una lettera pubblicata proprio sul quotidiano di via Solferino. “Nell’aprile del 2009, al momento di assumere la seconda direzione, scrissi che il Corriere – lungo il solco della sua tradizione liberaldemocratica – ambiva a rappresentare l’Italia che ce la fà. – ha esordito – Credo che vi sia riuscito perché è stato indipendente, aperto e onesto. Ha svolto il ruolo che compete a un grande organo d’informazione, orgoglioso dei suoi valori e di una storia di ormai 140 anni. Ha dato spazio e rappresentatività a un’Italia seria, laboriosa, proiettata nel futuro e nella modernità”. Con fierezza De Bortoli sottolinea che in questi anni “il Corriere non è stato il portavoce di nessuno, tantomeno dei suoi troppi e litigiosi azionisti. Non ha fatto sconti al potere, nelle sue varie forme, nemmeno a quello giudiziario. Ha giudicato i governi sui fatti, senza amicizie, pregiudizi o secondi fini. E proprio per questo è stato inviso e criticato – ha spiegato – . Chi scrive ha avuto lunghe vicende giudiziarie con gli avvocati di Berlusconi, con D’Alema e tanti altri. Al nostro storico collaboratore Mario Monti – che ebbe, per fortuna dell’Italia, l’incarico dal presidente Napolitano di guidare il governo – non piacquero, per usare un eufemismo, alcuni nostri editoriali. Come a Prodi, del resto, a suo tempo. Pazienza – ha proseguito -. Del giovane caudillo Renzi, che dire? Un maleducato di talento. Il Corriere ha appoggiato le sue riforme economiche, utili al Paese, ma ha diffidato fortemente del suo modo di interpretare il potere”.

L’affondo nei confronti del premier è duro, De Bertoli lo descrive come uno che “disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche. Personalmente mi auguro che Mattarella non firmi l’Italicum. Una legge sbagliata. Ad alcuni miei – ormai ex – azionisti sono risultate indigeste talune cronache finanziarie e giudiziarie. A Torino come a Milano. Se ne sono fatti una ragione. Alla Procura di Milano si sono irritati, e non poco, per come abbiamo trattato il caso Bruti-Robledo? Ancora pazienza. L’elenco potrebbe continuare – ha proseguito il giornalista -. Con il tempo, cari lettori, ho imparato che i giornali devono essere scomodi e temuti per poter svolgere un’utile funzione civile. Scomodi anche quando sono moderati ed equilibrati come il Corriere. La verità è che i bravi giornalisti spesso ne sanno di più di coloro che vorrebbero zittirli. In questo Paese, di modesta cultura delle regole, l’informazione è considerata da gran parte della classe dirigente un male necessario. Uno dei tanti segni di arretratezza. Piaccia o no, le notizie sono notizie. I fatti sono i fatti, anche quando smentiscono le opinioni di chi scrive. E le inchieste sono un dovere civile, oltre che professionale. Perché le democrazie si nutrono di trasparenza e confronto, di attenzione e rispetto – ha aggiunto De Bortoli -. Dove c’è trasparenza c’è riconoscimento del merito, concorrenza e crescita. Nell’opacità si regredisce. Una società democratica non deperisce solo se ha un’opinione pubblica avvertita e responsabile, alla quale – come diceva Luigi Einaudi, collaboratore del Corriere e presidente della Repubblica – devono essere forniti gli ingredienti utili per scegliere. Non solo nelle urne ma nella vita di ogni giorno. Conoscere per deliberare. L’opinione pubblica, architrave di una democrazia evoluta, è composta da cittadini con spirito critico non da sudditi che se le bevono tutte. E le opinioni vanno rispettate. Tutte”.

Il direttore dimissionario ha poi spiegato che “il giornale si è distinto in questi anni per aver promosso un tavolo costante di confronto fra idee diverse, salvo dire quando era necessario, la propria. Errori ce ne sono stati. E non pochi. La colpa è esclusivamente mia. Un esempio? I giornali dovrebbero tutelare di più le persone coinvolte in fatti di cronaca o inchieste. Non sono oggetti inanimati delle notizie o protagonisti involontari di una fiction . Hanno famiglie e sentimenti. La loro dignità va sempre salvaguardata e l’onore restituito quando è il caso”.