La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva con 267 sì e 136 no il ddl sulla riforma del diritto e del processo penale. Il test, passato nella medesima formulazione varata dal Senato, è ora legge.
Vediamo le novità introdotte dal provvedimento.
Si inaspriscono le pene per reati come il voto di scambio politico mafioso che passa da 6 a 12 anni (ora è 4-10). Ma ci sono condanne più severe anche per furto in abitazione, furto con strappo, rapina.
La prescrizione resta sospesa per 18 mesi dopo la sentenza di condanna in primo grado e per altri 18 mesi dopo la condanna in appello. La sospensione però non vale in caso di assoluzione e ha comunque effetto limitatamente agli imputati contro cui si procede. Oltre alle ipotesi già previste dal codice, la prescrizione sarà sospesa anche nel caso di rogatorie all’estero (6 mesi). In linea con le convenzioni internazionali e gli ordinamenti europei, per i più gravi reati contro i minori (violenza sessuale, stalking, prostituzione, pornografia etc.) la prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno. Per reati di corruzione e induzione indebita, una volta iniziato il processo, il tempo di prescrizione potrà aumentare della metà (anzichè 1/4 come oggi).
Delega al governo per riformare il regime di procedibilità per alcuni reati. Prevedendo la querela per i reati contro la persona e contro il patrimonio che arrechino offese di non grave entità. Si dà la delega anche a riformare la disciplina delle misure di sicurezza rivedendo ad esempio il principio del cosiddetto “doppio binario” che prevede l’applicazione congiunta di pena e misure di sicurezza. Nella delega si chiede anche di prevedere la destinazione alle “Residenze di Esecuzione delle Misure di Sicurezza” (Rems) delle persone riconosciute inferme al momento della commissione del reato tenendo conto del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
I procuratori generali possono avocare a sé i procedimenti se entro tre mesi (prorogabili di altri 3 mesi, che arrivano a 15 mesi nel caso di reati più gravi come mafia e terrorismo) dalla chiusura delle indagini non viene fatta richiesta o di archiviazione o di rinvio a giudizio. E’ la norma più contestata dall’Anm.
Il governo dovrà predisporre norme per evitare la pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine e comunque riguardanti persone completamente estranee attraverso una selezione del materiale relativo alle intercettazioni. Gli atti non allegati alla richiesta di misura cautelare dovranno essere custoditi in un archivio riservato, con facoltà di esame e ascolto (ma non di copia) da parte dei difensori e del giudice. Nessuna restrizione quanto ai reati intercettabili, ma si semplifica il ricorso alle intercettazioni per i reati contro la P.A. Nella delega non c’è previsione di carcere per i giornalisti.
E’ prevista la delega per punire (fino a 4 anni) la diffusione di captazioni fraudolente di conversazioni tra privati diffuse solo per recare a taluno danno alla reputazione e all’immagine. La punibilità è esclusa quando le riprese o le registrazioni costituiscono prova di un processo o sono utilizzate per l’esercizio del diritto di difesa e del diritto di cronaca.
Si disciplinano le intercettazioni ottenute attraverso virus informatici (trojan) stabilendo che l’attivazione del microfono avvenga solo su comando inviato da remoto (non in automatico) e che il trasferimento della registrazione sia fatto solo verso il server della procura. L’attivazione del dispositivo è ammessa in qualsiasi luogo (compreso il domicilio privato) per mafia e terrorismo.
L’emendamento del governo recepito nel maxiemendamento ripropone di fatto la legge del 2015 che dava 8 mesi di tempo al governo per razionalizzare le spese delle intercettazioni. Ma la delega non è mai stata esercitata dal governo. Così con l’emendamento ci si riprova. Obiettivo: dimezzare la spesa per gli ascolti e uniformare le tariffe.
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