Il finanziamento in deficit del reddito di cittadinanza “è motivo di preoccupazione per gli equilibri di bilancio di medio termine, date le condizioni di elevato debito pubblico“. Lo scrive la Corte dei Conti nel Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica.
“Un eventuale minor esborso rispetto alle stime originarie andrebbe utilizzato – spiegano i giudici contabili – almeno sotto lo stretto profilo della sostenibilità dei conti pubblici, per ridurre il disavanzo e rientrare dal debito”. La riduzione delle passività statali, infatti, è “essenziale per la stabilità finanziaria dell'Italia”. Ma “il permanere di condizioni di incertezza sulla possibilità che nel medio termine si possa imboccare un sentiero decrescente rischia di incidere negativamente sulle stesse prospettive di crescita del Paese”.
Sulle pensioni, poi, sarebbe importante definire “un quadro di certezza e stabilità normativa. Un quadro che dovrebbe essere in grado di offrire una 'sostenibile normalità' alle nuove generazioni, ai lavoratori più anziani, alle imprese, agli investitori internazionali interessati ad avviare attività economiche nel nostro Paese per i cui piani industriali rileva la prospettiva degli oneri sociali“. Le misure dovrebbero essere ispirate “ad un corretto bilanciamento delle esigenze delle generazioni presenti e di quelle future”.
Rispetto alla “normalità” invocata dalla Corte dei Conti, “si muovono invece nella logica del non ordinario non soltanto Quota 100, ma anche misure come la modifica del meccanismo di perequazione ai prezzi, il contributo, per l'appunto straordinario, sui trattamenti di importo elevato, i tempi per la corresponsione del Tfr/Tfs nel pubblico impiego, il divieto di cumulo con altri redditi da lavoro, e così via”. “L'introduzione di Quota 100 – proseguono i magistrati contabili – ha comunque posto sotto i riflettori una reale esigenza: quella di un maggior grado di flessibilità del requisito anagrafico di pensionamento”. La soluzione necessaria indicata dalla Corte dovrebbe però essere di carattere “strutturale e permanente, più neutra dal punto di vista dell'equità tra coorti di pensionati e tale da preservare gli equilibri e la sostenibilità di lungo termine del sistema. Qualunque scelta pone un problema di cassa non indifferente, ma una 'correzione attuariale' della componente retributiva dell'assegno, in caso di pensioni 'miste', non comporterebbe la creazione di debito pensionistico implicito”.
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