Iono scattati i saldi di fine stagione. Le vendite interesseranno oltre 15 milioni di famiglie, muovendo in totale 5,1 miliardi di euro, con una spesa media a famiglia di 324 euro, 140 euro pro capite per abbigliamento, calzature e accessori: sono questi, secondo le stime dell'Ufficio Studi Confcommercio, i numeri dei saldi invernali partiti oggi in Basilicata, Sicilia e in Valle d'Aosta e dal 4 gennaio in tutte le altre regioni. La stagione di sconti nei negozi terminerà tra la metà di febbraio e i primi di marzo, in alcune regioni proseguirà fino alla fine di marzo. Per la chiusura il calendario è più diversificato. Secondo le prime stime delle associazioni di consumatori, più di 4 italiani su 10, il 41%. hanno in programma di acquistare uno o più prodotti in saldo. Un dato in calo dai saldi invernali del 2019, quando gli interessati furono il 48% degli italiani. Come ogni anno, saranno soprattutto abbigliamento e scarpe i prodotti più acquistati.
Ma i saldi non hanno più l'attrattiva di un tempo. Diverse le ragioni, legate al mutamento dei tempi e all'avvento dei colossi tecnologici. Ad influire negativamente sugli acquisti di prodotti scontati sono state infatti le offerte del Black Friday risalenti a poco più di un mese fa e le promozioni prenatalizie che i negozi da qualche anno propongono ai propri clienti con sms e messaggi Whatsapp. Una guerra commerciale, quella con i colosso del web, che sembra abbia trovato una soluzione: la “web digital tax”. “Il 2020 sarà un anno all'insegna della sostenibilità per la moda”, commenta su Ansa Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, evidenziando come i saldi siano l'occasione per rilanciare gli acquisti “nei negozi di prossimità, sotto casa o nei centri storici delle proprie città. E' più ecologico, oltre che più pratico, che acquistare online. Si possono toccare con mano i prodotti, provare i capi di abbigliamento, scegliendo modello e taglie senza sbagliare. In questo modo si evitano le attese dei corrieri e le lunghe procedure di reso”. Per questo, prosegue Borghi “abbiamo chiesto ed apprezzato l'introduzione della web digital tax per i colossi del web che vendono in Italia e ne auspichiamo una regolamentazione comune da parte della Ue”.
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