Auna vittoria incredibile quella di Boris Johnson, a cui i britannici confermano la corona di premier regalando quella maggioranza assoluta che, negli ultimi mesi, era venuta meno pezzo dopo pezzo. Gli exit poll parlano di un trionfo su tutta la linea per i Tory, che raggiungono la soglia dei 369 seggi e di fatto doppiano i rivali laburisti, convinti di un buon risultato e invece alle prese con un tracollo quasi storico. E ora la Brexit, quella pensata da Boris Johnson, è davvero a un passo. Occhio anche alla posizione dello Scottish National Party, che potrebbe confermarsi terza forza in Parlamento e, pertanto, riportare in auge l'istanza dell'indipendenza.
Alla fine il fatidico giorno è arrivato. Le urne in dicembre non si aprivano dal 1923, quando Ramsay MacDonald portò i laburisti per la prima volta alla guida del governo. Novantasette anni dopo la situazione è cambiata: in testa, sondaggi alla mano, c'erano i Conservatori guidati dal premier Boris Johnson, che avrebbero potuto confermare per la quarta volta di fila i Tory a Downing Street (che fosse con o senza maggioranza assoluta in Parlamento, questo si sarebbe appurato). Ma in ballo non c'era solo il destino politico degli schieramenti ai blocchi di partenza: le elezioni invernali decideranno implicitamente anche il destino della Brexit, finito appeso al voto indiretto dei britannici dopo il clamoroso fallimento della classe politica, incapace di trovare un accordo che accontentasse tutti e consentisse di svolgere entro la legislatura la pratica dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Niente di tutto questo: il futuro dell'affare Brexit era da decidere a seconda di chi e di come uscirà fuori vincitore. In breve, se Johnson dovesse imporsi (come estremamente probabile) con maggioranza assoluta il suo piano concordato con Bruxelles dovrebbe avvenire senza particolare intoppi, se non quelli legati al rispetto delle tempestiche promesse (entro dicembre 2020) nel regolare il futuro del mercato unico; i laburisti si mantenevano su posizioni diverse, con Corbyn che ha garantito il repeat del referendum, puntando la sua campagna elettorale-lampo su nazionalizzazione e investimenti interni.
Sia Johnson che Corbyn, l'uno accompagnato dal suo cagnolino alla Methodist Central Hall di Londra, l'altro che si fa ritrarre sorridente vicino il cartello “polling station”, hanno votato in mattinata. E sulla portata storica del voto in questione concordano praticamente tutti i media britannici che, come del resto anche i cittadini, sia augurano che, via libera o nuovo referendum, sulla vicenda Brexit si faccia al più presto chiarezza definitiva. Defilato ma interessato a seguire gli sviluppi del voto anche lo Scottish National Party che, a seconda di come andrà la prova del voto, potrebbe addirittura tentare la carta del nuovo referendum pro-indipendenza. Tutto dipenderà dai 650 collegi elettorali in tutto il Paese (Irlanda del Nord compresa), che dovranno scegliere se andare avanti con il “Get Brexit done” promesso da Johnson o ricominciare da capo. Per farlo, avranno tempo fino alle 22.
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