Lo Sri Lanka cerca un boia dopo aver ufficialmente reintrodotto la pena di morte per combattare il narcotraffico. E, infatti, al patibolo sarnno destinati sia i trafficanti che gli autori di crimini legati alla droga.
Il ritorno al passato era stato annunciato dal presidente Maithripala Sirisena, che ha promesso una politica del pugno duro nella lotta alla tossicodipendenza. Così ha posto fine alla moratoria ufficiosa sulla pena di morte vigente nel Paese asiatico dal 1976, seguendo l'esempio del presidente filippino Rodrgo Duterte, che considera un modello da seguire nel contrasto a questa piaga.
Il governo ha già predisposto un annuncio per selezionare d'urgenza un boia, che sarà responsabile dell'esecuzione fisica della pena capitale: allettante lo stipendio, 35 mila rupie, circa 200 euro. “L'annuncio sarà pubblicato già la prossima settimana. Dobbiamo tenerci pronti per poter procedere alle impiccagioni decise dal governo” ha dichiarato Thushara Upuldeniya, portavoce del sistema penitenziario nazionale. Un organismo incaricato dell'attuazione della pena capitale esiste già in Sri Lanka, ma i suoi tre carnefici hanno rassegnato le dimissioni anni fa, in mancanza di “lavoro”.
Condanne alla pena capitale sono regolarmente comminate da tribunali locali per omicidi, stupri e crimini legati alla droga, ma negli ultimi 41 anni sono sempre state commutate in carcere a vita. Secondo le autorità penitenziarie dell'isola dell'Oceano Indiano, su 373 persone condannate a morte nel paese, 18 erano colpevoli di gravi crimini legati al narcotraffico. Amnesty International e altre organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno già chiesto al presidente dello Sri Lanka di fare marcia indietro.
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