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Siria, attacco dell’Alleanza contro i jihadisti

Gli Usa, dopo una settimana di accordi e alleanze, sono passati all’azione. Nella notte, alle 3.40 italiane, infatti sono iniziati i primi raid americani contro le roccaforti degli jihadisti sunniti dello Stato Islamico in Siria. Aerei da combattimento, bombardieri e missili Tomahawk hanno colpito oltre 30 obiettivi nel nord del Paese e nella provincia siriana settentrionale di Raqqa. Come rende noto il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby, “la decisione di condurre i raid aerei è stata presa oggi dal comandante del Comando centrale Usa sulla base dell’autorizzazione ricevuta dal Comandante in capo”, il presidente Barack Obama.

Tra le Nazioni partner, il governo giordano, riferisce la Cnn, ha confermato non solo che i suoi aerei hanno partecipato ai bombardamenti ma che sono rientrati alle basi senza problemi. Insieme ai jet Usa, Washington ha reso noto che all’offensiva partecipano anche Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Barhein e, solo in funzione di supporto, il Qatar che ospita la base aerea Usa di Al Udeid, poco fuori Doha, la più grande al di fuori degli Stati Uniti. Il governo britannico invece ha avvertito che i suoi aerei non stanno partecipando in alcun modo all’offensiva contro gli jihadisti sunniti. Lo ha reso noto Downing Street, che ha già visto decapitare un suo connazionale, Davide Haines, il 13 settembre scorso, ed un secondo, Alan Henning, è la seconda vittima predestinata.

Intanto l’Osservatorio siriano dei diritti umani riferisce che sono più di 20 i miliziani dello Stato islamico morti negli attacchi aerei di stanotte. I terroristi dell’Isis hanno avvertito che risponderanno all’offensiva e in particolare hanno puntato il dito contro l’Arabia Saudita (culla del wahabismo, l’interpretazione più intransigente dell’islam sunnita e accusata a lungo di
aver sostenuto Isis insieme all’Iraq) per aver permesso l’attacco.

Sara Sbaffi

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