Quella guerra nascosta di spie

Il precipitare repentino del livello dei rapporti diplomatici tra Russia e Stati Uniti, corroborato dalle dinamiche geopolitiche degli ultimi anni, ha contribuito a far tornare agli onori della cronaca delle storie che sembrerebbero, ad una prima occhiata, appartenere ai tempi andati della Guerra Fredda: non solo incidenti diplomatici, crisi internazionali, compagnie militari private e consegne di armi per rimarcare le proprie sfere di influenza, ma soprattutto intriganti spy story. Recentemente, infatti, le attività di spionaggio e controspionaggio, dopo anni di attività a bassa intensità, sembrano aver riacquisito tutta la loro importanza strategica: Mosca e Washington si sfidano non solo più sul piano della competizione militare, ma anche nel campo dell’acquisizione di informazioni. Non si parla solo di manipolazione dei circuiti massmediatici, fabbriche dei troll o attacchi hacker, ma anche di personale umano inviato dietro le linee nemiche a fare il “lavoro sporco”, coltivare contatti, avvicinare obiettivi negli ambienti giusti per carpire informazioni sensibili riguardanti diversi aspetti delle strategie messe in atto dalla controparte.

Guerra di spie

Lo spionaggio esiste da tempo immemore, il periodo della contrapposizione Usa-Urss è stato contrassegnato da innumerevoli episodi di furti o scambi di informazioni nelle stanze delle più remote sedi di organizzazioni finanziate dai due blocchi. Città come Vienna, Belgrado e Berlino o regioni del mondo come l’America centrale o l’Indocina hanno rappresentato un suggestivo ed esotico scenario per storie incredibili che hanno per tanto tempo alimentato la riuscitissima letteratura (o filmografia) di genere. Le autorità americane, nell’ultimo anno, si sono viste costrette ad intervenire in almeno due occasioni: il quotidiano britannico Guardian ha riportato, nel corso dell’agosto scorso, l’arresto di un membro del personale dell’ambasciata statunitense a Mosca. La donna, cittadina russa, dalle generalità ancora ignote, era entrata in possesso di un nullaosta di sicurezza che le aveva permesso di accedere a materiale catalogato come top secret, tra cui l’agenda del Presidente e del vicepresidente degli Usa. La dipendente dell’ambasciata, prontamente licenziata, sarebbe stata colta in flagrante durante alcuni incontri avvenuti con dei funzionari dell’Fsb, i servizi di sicurezza di Mosca. La grave defaillance degli apparati americani è stata, poi, oscurata dalla vicenda riguardante Marija Butina, la studentessa russa accusata di spionaggio e successivamente arrestata per aver provato ad infiltrarsi tra le fila dell’Nra (National Rifle Association), la più potente lobby americana che difende i diritti dei possessori di arma da fuoco, associazione vicina al presidente Trump, con il figlio del quale la Butina avrebbe anche avuto un incontro. Il ministero degli Esteri russo è costantemente aggiornato sulle condizioni della ragazza, al momento reclusa in regime di isolamento da ormai più di tre mesi, in attesa di un giudizio che dovrebbe trattenerla ancora nelle carceri federali per poi essere espatriata in Russia. La Butina avrebbe confessato di aver cospirato contro il governo americano nel corso dello scorso mese.

Ex marine

Ma se Atene piange, Sparta non ride: l’ultima notizia “bollente” diffusa dai media russi parla dell’arresto avvenuto lo scorso 28 dicembre di una presunta spia statunitense, Paul Whelan, possessore di quattro passaporti (americano, britannico, canadese ed irlandese), ex marine comparso tempo fa al cospetto della corte marziale con le accuse di furto e truffa. L’Fsb ha arrestato Whelan intento a compiere un atto di spionaggio e raccolta informazioni, mentre i media americani hanno immediatamente paventato un possibile “scambio di spie” con Marija Butina. Il viceministro degli Esteri russo, Anatolij Rjabkov, ha parlato di una “situazione molto seria” riferendosi all’affare Whelan, smentendo qualsiasi tipo di ipotesi di scambio la studentessa reclusa negli Usa. Fonti diplomatiche hanno, infatti, ritenuto inappropriato, controproducente e politicamente ingiustificato parlare prematuramente di qualsiasi tipo di trattativa con Washington a riguardo.

L'arresto

La risposta non si è fatta attendere: il giorno successivo, infatti, un cittadino russo, Dmitrij Makarenko, è stato arrestato sull’isola di Saipan, nell’arcipelago delle Marianne (territorio sotto giurisdizione Usa), direttamente dall’Fbi. Il capo d’accusa riguarda il tentativo illegale di far arrivare in Russia accessori sofisticati per armi come collimatori ottici, visori termici e visori notturni. In altre parole, una “cospirazione per esportare prodotti di difesa senza licenza e riciclaggio di denaro”, come dichiarato dall’accusa. Mentre il caso Makarenko, al momento trasferito in Florida, cela ancora i suoi dettagli, sembrerebbe che le due potenze stiano ampiamente facendo leva su casi apparentemente isolati per poter rispondere colpo su colpo ai reciproci torti. Non si sa in che modo i casi della Butina, di Whelan e di Makarenko possano essere, almeno strumentalmente, collegati tra loro, ma una cosa sembra essere certa: dalla vicenda degli Skripal fino ai recenti arresti, passando per il macabro caso Khashoggi, i difficili tempi recenti stanno rispolverando le vecchie armi dello spionaggio e del controspionaggio in maniera direttamente proporzionale alla destabilizzazione del quadro geopolitico mondiale.