Sono stati costretti alla resa i Sioux che manifestavano contro la costruzione dell’oleodotto in Nord Dakota. I nativi hanno protestato per mesi contro la realizzazione del Dakota Access Pipeline che, una volta terminato, dovrebbe attraversare quattro Stati Usa e una riserva Sioux, prima di arrivare a portare il petrolio nell’Illinois.
Da circa un anno i Sioux e alcuni ecologisti hanno allestito un campo all’interno della riserva Standing Rock per evitare la costruzione dell’oleodotto che, se seguisse il suo percorso originario, distruggerebbe oltre 380 siti sacri per i nativi e rischierebbe di inquinare le falde acquifere nella zona.
Dieci persone sono state arrestate durante le operazioni di sgombero del campo perché, secondo quanto riferito dal governatore Doug Burgum, stavano cercando di impedire l’accesso delle autorità nell’accampamento. Delle oltre cento persone iniziali, all’interno del presidio sono rimaste solo una ventina di attivisti. A loro le forze dell’ordine hanno lanciato un ultimatum, chiedendo di allontanarsi per evitare l’arresto. Prima dell’arrivo delle autorità, gli attivisti hanno appiccato una ventina di fuochi come “cerimonia di addio”, ma un bambino di sette anni e una giovane di 17 sono rimasti ustionati e sono stati trasportati nel vicino ospedale di Bismarck.
Lo scorso 24 gennaio – solo quattro giorni dopo il suo insediamento – il presidente Donald Trump ha firmato due ordini esecutivi per rilanciare due oleodotti la cui realizzazione era stata fermata dal suo predecessore, Barack Obama. Si tratta del Keystone XL, un progetto che prevede la costruzione di 1900 chilometri di oleodotto che colleghino il Canada al Texas, e il Dakota Access Pipeline, le cui tubature passerebbero per 4 stati Usa e distruggerebbe oltre 380 siti sacri per i Sioux. Entrambi i progetti erano stati bloccati dal presidente Obama per timori di danni ambientali.
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