Migliaia di rohingya in fuga dallo Stato birmano di Rakhine sono arrivati durante il fine settimana nei campi di accoglienza di Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh, dove la situazione sanitaria diventa di giorno in giorno più allarmante. I media di Dacca, dopo aver ricordato che dal 24 agosto scorso oltre 500.000 rifugiati hanno abbandonato la Birmania trasferendosi sul suolo bengalese, hanno segnalato che nelle ultime settimane il flusso si era progressivamente ridotto, ma che fra sabato e domenica le agenzie umanitarie hanno confermato che circa 20.000 rohingya sono giunti via mare o attraversando il fiume Naf a Cox’s Bazar.
Infine il quotidiano Dhaka Tribune scrive che da agosto vi sono stati almeno 28 naufragi di barconi con a bordo rifugiati rohingya che hanno causato la morte di quasi 200 persone, quasi tutte donne e bambini.
Diversi esponenti della comunità internazionale stanno lanciando appelli a favore della minoranza musulmana. L’ex segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di spingere il governo birmano a permettere ai rifugiati di tornare a casa. Durante un incontro dell’organo Onu, Annan ha chiesto ai Quindici di approvare una risoluzione che “esorti il governo a fare davvero passi in avanti, e creare condizioni che permettano ai rifugiati di tornare a casa con dignità e sicurezza”. Francia e Gran Bretagna sono a favore di un’azione forte contro il governo birmano, ma non sono riusciti ad ottenere sino ad ora un risultato a causa dell’opposizione di Cina e Russia, che hanno potere di veto.
Il Consiglio dell’Unione europea ha parlato di una situazione umanitaria “inaccettabile” che deve “cessare immediatamente”. I rappresentanti dei 27 hanno definito come “molto preoccupanti” le notizie sulle violenze nei confronti della minoranza Rohingya e hanno sottolineato che “è della massima importanza che i profughi possano fare ritorno in condizioni di sicurezza e dignità“. L’Ue, si legge in un documento del Consiglio, “ha lanciato un appello a tutte le parti affinché pongano immediatamente fine a tutte le violenze. Esorta l’esercito della Birmania a cessare le operazioni militari, a garantire la protezione di tutti i civili, senza discriminazioni e a rispettare pienamente il diritto internazionale dei diritti umani”.
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