Libia: Italia pronta ad aprire una rappresentanza diplomatica a Tobruk

Dopo la riapertura dell’ambasciata a Tripoli, l’Italia si dice pronta ad aprire una sede diplomatica anche nell’est della Libia.  “Stiamo lavorando sull’ipotesi di riaprire il consolato a Tobruk per alleggerire di un po’ di pratiche la nostra ambasciata a Tunisi”, ha detto il ministro degli Esteri Angelino Alfano.

In Cirenaica l’Italia aveva un consolato a Bengasi, chiuso a gennaio 2013 dopo l’attentato contro l’allora Console Generale Guido de Sanctis. Sull’ipotesi di riapertura del consolato, a Tobruk, era intervenuto in precedenza lo stesso Kobler, affermando che una mossa simile avrebbe aiutato il coinvolgimento del generale Khalifa Haftar (il “falco” dell’est) nella stabilizzazione del Paese e quindi contribuito a frenare sia il fenomeno delle migrazioni che il terrorismo. “Siamo stati i primi a riconoscere un ruolo al generale Haftar – ha detto Alfano -. Su questa strada continuiamo a muoverci“, favorendo quelle relazioni che vanno nel senso di una stabilità della Libia, ha spiegato.

All’Onu intanto si preparano “grandi manovre“: nonostante i pubblici appelli di Kobler nell’ultimo anno, le Nazioni Unite non sono riuscite ad aprire la propria sede a Tripoli e secondo molti osservatori la linea di “schiacciamento” sul governo di Fayez al Sarraj non ha premiato. Forse anche in questo quadro, il segretario generale dell’Onu Guterres a sorpresa ha messo sul tavolo del Consiglio di sicurezza il nome di un altro rappresentante speciale, un altro capo della missione Unsmil. Si tratta di Salam Fayyad, l’ex premier palestinese. “E’ un uomo ‘institution building’, che ha costruito le istituzioni in Palestina”, commenta Mattia Toaldo dello European Council on Foreign relations (Ecfr). “Se la scelta di Fayyad venisse confermata vorrebbe dire che Guterres vuole che l’Onu oltre a mediare si occupi della costruzione delle istituzioni libiche, che sia più implicata nella gestione quotidiana del Paese”.

Fayyad, prosegue Toaldo, “nel quadro palestinese è vicino all’asse Emirati-Egitto (lo stesso che sostiene Haftar, ndr)” e una sua nomina a rappresentante speciale “può voler dire che l’asse internazionale si sta spostando, sia per l’intervento russo a favore di Haftar, sia perché l’amministrazione Trump ancora non si è espressa sulla Libia ma condivide l’ostilità ai fratelli musulmani“, la stessa ostilità che nutre Haftar.