La Germania fa ammenda del suo passato coloniale in Africa riconsegnando alla Namibia le ossa dei membri delle tribù Herero e Nama; una mossa ritenuta, però, insufficiente dai discendenti delle vittime, che pretendono scuse ufficiali.
Diciannove teschi, insieme a ossa e altri resti, prelevati dalle forze d'occupazione tedesche più di un secolo fa, sono stati consegnati oggi ad una delegazione della Namibia guidata dal ministro della Cultura, Katrina Hanse-Himarwa, durante una cerimonia religiosa nella chiesa Friedrichstadt a Berlino. Finora, questi resti – sottratti per presunti esperimenti scientifici di tipo razziale – erano in possesso di università, musei e collezioni private in Germania.
Alla cerimonia di consegna, il sottosegretario per gli Affari culturali internazionali del ministero degli Affari esteri di Berlino, Michelle Muntefering, ha chiesto “perdono dal profondo del cuore“. Lunedì aveva già dichiarato che la Germania ha “ancora molto da fare” per assumersi le responsabilità del suo passato coloniale (1884-1915) in questo Paese africano.
Le sue parole sono state ritenute insufficienti dai rappresentanti di entrambi i gruppi etnici, vittime di quello che gli storici considerano il primo genocidio del ventesimo secolo. Fuori dalla chiesa di Berlino, dove si è svolta la cerimonia, una ventina di persone hanno protestato con slogan e striscioni. Durante l'occupazione tedesca della Namibia, tra il 1904 e il 198, furono uccisi in tutto almeno 60 mila Herero e 20 mila Nama. Le forze tedesche usarono tecniche di genocidio: uccisioni di massa, esilio nel deserto dove morirono disidratati migliaia di uomini, donne e bambini e campi di concentramento come il famigerato Shark Island.
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