Il raggio d'azione dei caccia israeliani si allarga in Medio Oriente. Dopo aver colpito, diverse volte negli ultimi mesi, obiettivi di Hezbollah e milizie sciite in Siria, negli ultimi dieci giorni Israele ha bombardato obiettivi iraniani in Iraq. Ne danno notizia Asharq Al-Awsat, quotidiano saudita con sede a Londra, e Al-Jarida, quotidiano del Kuwait. Secondo un diplomatico occidentale citato dal quotidiano, l’obiettivo dell’azione era un deposito di missili balistici.
Il 19 luglio scorso l'obiettivo di un F-35l “Adir” israeliano sarebbe stato un deposito di razzi in una base di una milizia sciita situata a nord della capitale irachena Baghdad. Successivamente, domenica scorsa, una nuova incursione sarebbe stata effettuata da cacciabombardieri di Israele presso la base irachena di Ashraf, ad 80 chilometri dal confine con l'Iran, secondo quanto riferito da Asharq Al-Awsat, sarebbero rimasti uccisi dei consiglieri militari iraniani e sarebbe stato colpito un gruppo di missili balistici non meglio identificati che sarebbe stato recentemente consegnato in Iraq alle forze sciite filoiraniane. Per il momento, tuttavia, entrambi i raid aerei non sarebbero stati confermati da Tel Aviv.
Lorenzo Marinone, analista per il Medio Oriente e il Nord Africa del Centro studi internazionali, intervistato da In Terris un paio di mesi fa, aveva dichiarato che “è possibile che, a fronte di uno di questi attacchi possa seguire una rappreseglia capace di portare a una guerra a viso aperto, prolungata e sostenuta. Pensiamo a cosa accadrebbe se, ad esempio, un caccia israeliano venisse abbattuto, cadesse in territorio siriano e il pilota fosse catturato… Potrebbe essere un casus belli e in quel caso è ragionevole pensare che altre parti possano intervenire”. In tal senso Marinone ritiene fondamentale il ruolo di mediazione che può giocare la Russia, che coltiva forti legami con Israele ed al tempo stesso è il principale alleato in Siria di Assad e delle forze sciite.
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