Il giorno dell'ira, Trump: “Appello alla moderazione”

Non si ferma l'escalation di violenze nei Territori palestinesi, dopo la decisione di Donald Trump di dichiarare Gerusalemme capitale d'Israele: nella giornata della collera sono stati oltre 750 i feriti in Cisgiordania (stando ai dati riferiti dalla Mezzaluna rosa), mentre due vittime sono state registrate a Gaza. Dalla Striscia, inoltre, sono stati sparati tre razzi in direzione del sud di Israele, dove l'allarme ha allertato i cittadini e l'Irond Dome ha deviato una delle testate (diretta verso Ashkelon). Un'altra, tuttavia, è caduta sulla città di Sderot colpendo un'automobile: un passante è stato ricoverato in ospedale per il forte choc subito, come riferito dal locale ministero della Sanità. Nel frattempo, il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha nuovamente promesso battaglia, annunciando che quella definita come “la Santa intifada” avrà ulteriori risvolti rispetto alle sole manifestazioni della Striscia di Gaza. Intanto, un portavoce della Casa Bianca ha riferito di un appello “alla calma e alla moderazione” rivolto da Trump alle comunità in protesta, augurandosi che “le voci della speranza prevalgano su coloro che diffondono odio”.

Le parole di Abu Mazen

Il clima continua dunque a mantenersi estremamente teso: alle bordate missilistiche, infatti, Israele ha risposto con incursioni aeree sui Territori palestinesi, soprattutto verso le basi di Hamas, colpendo anche un centro d'addestramento di Ezeddin al-Qassam, situato nelle vicinanze del campo profughi di Jabalya. Raid anche su un deposito di munizioni, un attacco che avrebbe provocato almeno una decina di persone ferite. Le tre offensive israeliane, avrebbero provocato la morte di un palestinese 54enne, Maher Atalla. Con Hamas a invocare a gran voce l'intifada e l'Onu a condannare con fermezza la decisione di Trump nel corso del Consiglio straordinario, è tornato a parlare anche il presidente palestinese, Abu Mazen, il quale ha spiegato di rinnovare “il nostro rifiuto della posizione americana su Gerusalemme”, sottolineando che “gli Usa non sono più qualificati per occuparsi del processo di pace”. Il leader politico è stato invitato da Federica Mogherini a presenziare a un incontro a Bruxelles, in occasione del prossimo Consiglio degli Esteri dell'Unione: una visita che, qualora andasse in porto, seguirebbe di pochi giorni quella del premier israeliano, Benjamin Netanyahu.

Obama: “Preserviamo la democrazia”

La strada della diplomazia, al momento, sembra lontana dall'essere percorsa: il capo negoziatore dei palestinesi, Saeb Erekat, ha infatti affermato come tutte le finestre di dialogo con Trump siano chiuse fino a quando egli non revocherà la sua decisione, uniformandosi alle parole di Abu Mazen che non vede più negli Stati Uniti una Nazioe qualificata per il ruolo di mediazione. Da parte sua, l'ambasciatrice della Casa Bianca all'Onu, Nikki Haley, ha confermato al Consiglio straordinario al Palazzo di vetro che, con tale dichiarazione, “Trump ha riconosciuto l'ovvio, ossia che Gerusalemme è capitale di Israele”, ribadendo però che “gli Usa non hanno preso una posizione sui confini, che devono essere ancora decisi da Israele e Palestina”. Parole che ribadiscono la linea degli Usa e aprono a scenari preoccupanti sulla situazione in Medio Oriente. Critico anche l'ex presidente Obama: “Dobbiamo avere cura di questo giardino della democrazia perché le cose possono precipitare velocemente. Come è successo in Germania negli anni ’30 dove, nonostante la democrazia della Repubblica di Weimar e secoli di progresso culturale e scientifico, Adolf Hitler è arrivato a dominare”.