A due giorni dall’attacco a Teheran arriva la conferma del governo iraniano: a colpire sono stati 5 militanti dell’Isis. Secondo quanto riferito dal ministero dell’Intelligence i terroristi erano rientrati in agosto nel Paese per costituire una cellula jihadista, poi scoperta dalle autorità e avevano di nuovo fatto perdere le proprie tracce. Intanto è salito a 13 il numero delle vittime. Dei 52 feriti, sei sono ancora in terapia intensiva. Troppi, comunque, per Teheran che – dopo le prime reazioni – ha lanciato la controffensiva, per ora solo verbale. Obiettivo, l’Arabia Saudita. Il ministero dell’Intelligence ha precisato che i cinque erano “da tempo affiliati con il Wahabismo“, l’islam conservatore dei Saud, e il presidente Hassan Rohani ha avvertito che l’Iran si opporrà al terrore, alla violenza e all’estremismo in maniera più forte di prima”.
Sono partite anche le indagini sul grande nemico per capire se Riad abbia avuto un ruolo negli attacchi al cuore dell’islam sciita, da sempre in prima linea contro il jihadismo sunnita. I Guardiani della Rivoluzione avevano già accusato di complicità il grande regno sunnita dall’altra parte del Golfo. E anche se il ministro per l’Intelligence, Mahmoud Alavi, citato dall’agenzia semiufficiale Isnail, ha spiegato che sugli esiti dell’indagine su Riad è ancora “troppo presto per trarre delle conclusioni” la strada che porta in Arabia, e attraverso la capitale saudita agli Usa, è già tracciata.
Per tutti ha parlato il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif che ha definito su Twitter “ripugnanti” le parole di ieri del presidente Usa Donald Trump per il quale “gli stati (l’Iran, ndr) che sponsorizzano il terrorismo rischiano di cadere vittime del male che promuovono”. Dall’Egitto è, invece, comunque arrivata “nei termini più duri” la condanna degli attentati da parte dell’Egitto. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu anche l’Italia ha espresso ferma condanna.
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