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Coronavirus, Pregliasco: “Bisogna capire se il virus sia mutato”

“Dal punto di vista clinico i casi attuali sono oggettivamente meno pesanti. Bisogna capire se il virus sia davvero mutato”. Alcuni studi avrebbero mostrato delle “varianti meno aggressive, ma non sappiamo quanto potrebbero essere diffuse”. Il virologo Fabrizio Pregliasco, è intervenuto così, durante la trasmissione Agorà su Rai3, in merito al dibattito nato dalle parole del direttore di Anestesia del San Raffaele, Alberto Zangrillo. “Zangrillo ha ecceduto nei toni” ma non è l’unico. “Uno studio di Clementi del San Raffaele, su 200 casi, ha dimostrato che la carica virale ora è inferiore“, ha detto Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Galeazzi di Milano. “Anche nel nostro ospedale vediamo meno casi e meno pesanti”. Tra le ipotesi “potrebbe essere che questa prima ondata abbia toccato in modo più massiccio le persone più fragili e con più comorbidità“. Ciò non significa che possiamo star tranquilli. “Questo virus ci ha presi alla sprovvista. Quindi è giusto pensare al peggio”. Pertanto, attenzione alla movida: “il virus – ha concluso- ancora circola e ognuno di noi deve sentirsi potenzialmente contagioso”.

La situazione in Lombardia

In Lombardia la situazione è ora sotto controllo” e “oggettivamente è molto migliorata”. “Grazie alla sistematica adozione di test sierologici e tamponi, ora ampiamente disponibili, sono riusciti a colmare gap nella ricerca di casi, che non sono di ieri ma dei giorni precedenti”, ha spiegato Pregliasco, promuovendo la decisione dell’apertura dei confini regionali. “Con 2,4 casi di infezione a settimana per 10.000 abitanti. Il rischio di incontrare un infetto si è ridotto moltissimo”, ha precisato Pregliasco. “Ritengo fondamentale l’apertura dei confini regionali”, ma “nell’ottica sempre dell’attenzione e di una vigile serenità rispetto al rischio di possibili focolai. Questo purtroppo – ha concluso l’esperto – lo dobbiamo tenere in conto. Ci sarebbe voluto un lockdown più lungo per arrivare a zero casi di infezione ma, era oggettivamente impossibile”.

Manuela Petrini

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