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Italiani primi in Europa per aspettativa di vita

Lo stato di salute della popolazione italiana si mantiene molto buona. Gli abitanti del Belpaese sono primi in Europa per aspettativa di vita alla nascita (secondi al mondo dopo i giapponesi) e tassi di mortalità. Ma emergono anche aspetti negativi, come i fattori di rischio per i bambini, l'aspettativa di vita in buona salute a 50 anni e le disabilità. Lo rivela il dodicesimo Rapporto Meridiano Sanità, presentato ieri a Roma.

L'aspettativa di vita

L'aspettativa di vita degli italiani è pari a 82,8 anni, anche se nell'ultimo decennio gli anni vissuti non in buona salute sono aumentati, attestandosi a venti (+4,2 anni dal 2006). L'aumento dell'aspettativa di vita ha contribuito all'aumento della popolazione anziana, che oggi è pari al 22% della popolazione totale e raggiungerà il 34% entro il 2050.

Salute precaria

Il rapporto evidenzia anche che sono pochi i giovani sotto i 15 anni che svolgono attività fisica, solo 8,3 su 100, e il 35% degli appartenenti a questa fascia d'età presenta una condizione di eccesso ponderale e obesità. 

C'è poi poco accesso all'innovazione terapeutica: in Italia in media intercorrono 15,6 mesi tra l'approvazione e la prima commercializzazione di un farmaco, cinque volte il tempo impiegato in Germania. A queste criticità si aggiungono tassi di informatizzazione e di accesso ai servizi informativi per la sanità lontani dalla media europea. In Italia il 10% dei cittadini utilizza l'e-booking per prestazioni sanitarie (contro il 19,7% in Europa), il 9,2% dei medici utilizza lo strumento dell'e-prescription (38,5% in Europa) e il 31,2% delle strutture sanitarie utilizza il Fascicolo sanitario elettronico (47,6% in Europa). La mancanza di informatizzazione rende anche più complesso il monitoraggio dei pazienti, delle prestazioni, delle patologie e del loro impatto sanitario ed economico.

Cure appropriate

Ma è vero che l'Italia registra efficacia delle cure, dal momento che aumenta la sopravvivenza a cinque anni dei pazienti oncologici, pari al 54% negli uomini e al 63% nelle donne, con un rispettivo aumento di quindici e otto punti percentuali tra il 1990 e il 2009. E ancora, l'Italia è uno dei Paesi che ha condotto il maggior numero di studi clinici, pari al 17% di quelli effettuati in Europa (3.900), di cui il 37% ha riguardato l'area oncologica. I promotori profit hanno permesso di realizzare il 76% degli studi condotti in Italia.

Risorse economiche in calo

Cominciano però a calare le risorse economiche. Il rapporto rileva che quelle destinate alla sanità sono in calo e prevede che il rapporto spesa sanitaria pubblica/Pil si ridurrà di 0,3 punti percentuali tra 2017 e 2020, raggiungendo il 6,3%. Inoltre, nel confronto internazionale l'Italia riporta già livelli di spesa sanitaria totale inferiori rispetto alle principali economie europee (3.064 euro in Italia vs 5.015 euro in Germania), una differenza che è destinata pertanto ad aumentare.

redazione

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