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Eugenetica: esplode il caso Asperger

Hans Asperger, il pediatra austriaco pioniere degli studi sullo spettro autistico, sarebbe stato coinvolto nel programma di eugenetica nazista che portò all'uccisione di migliaia di persone diversamente abili. Bambini compresi. Lo sostiene lo storico della medicina Herwig Czech della Vienna Medical University.

L'accusa

La tesi del ricercatore è basata dallo studio di documenti originali dell’epoca mai esaminati prima. Dai carteggi emergerebbe una verità sottaciuta per decenni, nonostante la comunità scientifica ne avesse da anni il sospetto. Secondo questa tesi, che dovrà in ogni caso essere confermata da altri studi, Asperger – nonostante non si fosse mai iscritto al partito nazista di Adolf Hitler –  avrebbe ” avvalorato pubblicamente le politiche di igiene razziale” perpetrate dal Terzo Reich, comprese le sterilizzazioni forzate, e cooperato “attivamente, in diverse occasioni, al programma nazista di soppressione di bambini“. Nello specifico, il pediatra avrebbe inviato dei suoi piccoli pazienti, tra cui due bimbe di 5 e di 2 anni — giudicate “non adatte alla società” — nel famigerato centro viennese “Am Spiegelgrund” per l'eutanasia infantile.

Asperger – noto per l'omonima sindrome considerata un disturbo pervasivo dello sviluppo imparentato con l'autismo di cui lo stesso medico sembra soffrisse – avrebbe anche fatto parte della commissione incaricata di decidere del destino di circa 200 pazienti in un altro reparto pediatrico. Ben 35 di questi, sottolinea Czech, furono giudicati “impossibili da educare” e successivamente eliminati tramite punture o gassati. Eugenetica spacciata per un “atto di pietà” verso i malati stessi.

“Vite indegne di essere vissute”

L'eugenetica – un insieme di teorie e pratiche miranti a migliorare la qualità genetica di un certo gruppo d'individui promuovendo la riproduzione dei soggetti socialmente desiderabili ma prevenendo la nascita di soggetti indesiderabili per mezzo di infanticidio e aborto – non è un'invenzione del Reich nazista. Nel 1920 viene pubblicato in Germania un libro, curato dallo psichiatra Alfred Hoche, in cui le persone disabili, con malattie mentali e i malati incurabili vengono definite “vite indegne di essere vissute” e un “peso economico insostenibile”, proponendone l'eliminazione fisica. Tesi poi ripresa a piene mani dal Nazionalsocialismo che della presunta superiorità della razza ariana ha fatto un suo cavallo di battaglia.

L'Aktion T4

Il 1 settembre 1939, al fine di salvaguardare la “purezza della razza ariana”, su ordine di Hitler viene inaugurata in gran segreto l'oprazione Aktion T4 per l'eliminazione delle persone “non conformi”. Il nome deriva dall’indirizzo dell’Ufficio preposto dal Reich che ha sede al numero 4 della Tiergartenstrasse, a Berlino, in una villa confiscata ad una famiglia ebraica.

Il Decreto Eutanasia

Il 18 agosto 1939, il ministro degli Interni nazista emana la legge sull'Obbligo di dichiarazione dei neonati deformi, con il quale si ordina ai medici di denunciare all’Ufficio Centrale dell’Aktion T i bambini nati con malattie incurabili o gravemente malati. Il 1 settembre 1939 Hitler stesso invia una lettera al Capo della Cancelleria del Reich, Philip Bouhler, ed al Commissario per la Sanità Pubblica del Reich, Karl Brandt con la quale si autorizzano i Direttori degli Ospedali psichiatrici a concedere una “morte pietosa” ai disabili ed ai malati incurabili. È il cosiddetto Decreto Eutanasia che dà inizio al “processo di purificazione della razza tedesca”. 

L'eliminazione dei minori

Per la soppressione dei bambini malati si costituiscono delle unità speciali denominate “Reparti per l’assistenza specialistica dei bambini“. Il primo Reparto è istituito nell’ottobre 1939 a Golden, vicino a Brandeburgo. In seguito vengono creati altri 20 Centri, in cui i bambini sono trasferiti da cliniche private e ospedali pubblici non solo tedeschi. Il 20 settembre 1941, il ministero degli Interni nazista emana una Circolare con la quale si esortano i medici a convincere i genitori dei bambini disabili a ricoverarli nei centri speciali – affinché abbiano più tempo da dedicare ai figli “sani” – e di segnalare i neonati con disturbi congeniti quali ritardo mentale, sindrome di Down, cecità, sordità, microcefalia, idrocefalia, malformazioni o paralisi. La clinica dell'orrore.

Clinica del terrore

Tra i centri dell'orrore dedicati all'eutanasia infantile, uno dei più noti è l’ospedale viennese di Am Spiegelgrund, in Austria. Una volta giunto lì, raccontano gli studiosi, il destino del piccolo era segnato: se veniva considerato incurabile, veniva eliminato appena arrivato tramite iniezione letale; altrimenti, veniva tenuto “in osservazione” per un certo periodo per permettere esperimenti scientifici sul suo corpo. 

Molte famiglie – convinte dai medici a far internare i loro cari per essere curati – ignoravano a quali torture sarebbero stati sottoposti i propri cari: in molti casi i genitori affidavano in buona fede i figli e, quando si recavano in ospedale per riprenderli, scoprivano che erano morti. Per non far sorgere sospetti, i medici raccontavano loro che i bimbi erano morti per “cause naturali”.

La “dolce morte”

Lo dimostra la lettera che lo psichiatra nazista Ernst Illing indirizza ai genitori di uno dei tanti bambini assassinati sulla base del programma svolto nei Reparti Speciali infantili: “Devo comunicarvi il mio rammarico – si legge nel carteggio – nell'informarvi che il bambino è morto il 22 gennaio 1943 per infiammazione delle vie respiratorie. (…) Egli non aveva fatto alcun tipo di progresso durante il suo soggiorno qui. Il bambino non sarebbe certamente mai diventato utile alla società ed avrebbe anzi avuto bisogno di cure per tutta la vita. Siate confortati dal fatto che il vostro bambino ha avuto una dolce morte“. 

Il cugino di Benedetto XVI 

Si calcola che dal 1939 al 1945 stati eliminati circa 5.000 bambini, dei quali quasi 700 solo nella clinica di Am Spiegelgrund. Tra questi innocenti, c'è anche un nome “famoso”, quello della famiglia Ratzinger.

Il Papa Emerito Benedetto XVI, infatti – terzo e ultimo figlio di Maria Rieger e Joseph Ratzinger un commissario di gendarmeria apertamente ostile al reich – visse l'infanzia in una casa di Marktl, comune di 3000 abitanti della Baviera. Benché la sua famiglia fosse ariana, sperimentò sulla propria pelle il programma di eutanasia nazista “Aktion T4”. Il futuro Papa aveva infatti un cugino, poco più giovane di lui, nato con la sindrome di Down.

Nel 1941– Joseph aveva 14 anni – alcuni “medici” nazisti vennero nella casa del giovinetto, nella Baviera sud-orientale, e informarono gli zii del futuro Papa sulle nuove disposizioni del Terzo Reich che proibivano ai figli portatori di handicap di rimanere coi propri genitori. Di fronte alle vibrate proteste dei familiari, gli inviati del Reich si mostrarono inflessibili: portarono via il ragazzino e nessuno lo vide mai più. Solo più tardi la famiglia ricevette la notizia che il piccolo era morto.

Un altro innocente stritolato dalla disumanità nazista. A loro memoria, dopo la fine della guerra, gli Alleati condussero una inchiesta giudiziaria per conoscere le dimensioni reali dell’operazione Aktion T 4 e per cercare di individuare le vittime e rintracciarne i parenti. Sulla soppressione violenta di questi piccoli sono stati scritti libri, costruiti mausolei, girati film. Ma molte, troppe, furono le connivenze e i silenzi che permisero l'olocausto dei bambini malati. Non ultima l'omertà che ha protetto per decenni tutti quei medici che non hanno mai pagato per le proprie colpe.

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