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Non diventare “yes man”

All’assemblea nazionale del PD, il più importante organismo di questo Partito, Nicola Zingaretti ha voluto mandare un messaggio a “urbi et orbi” che il cambiamento passa per la soppressione delle correnti e dei potentati locali del PD. Insomma ha voluto trasmettere il disagio della difficoltà a decidere con altri leader interni, e che l’unico modo per andare avanti e che gli altri si facciano da parte. Ma è davvero questo il problema della governabilità delle associazioni politiche o sociali che siano? In effetti, da anni è stato diffuso il vezzo di screditare il correntismo nei partiti, come un ingombro, una cosa negativa. Ma andiamo a vedere cosa significa essere corrente nel linguaggio ordinario. Significa che in un partito ci sono gruppi che accentuano la loro attività facendo leva nella dialettica interna su una opinione precisa e forte, su argomenti o filosofia di fondo, su interessi di categoria o territoriali, e a capo, normalmente ci sono leader da questi gruppi riconosciuti. Credo che la diffidenza che si è fatta crescere, man mano negli anni contro il correntismo, alla luce degli accadimenti in politica, è un bene per tutti riconsiderarla. Si rifiutano gruppi, perché chi ha il comando formale non vuole essere condizionato: vuole comandare da solo, non vuole essere contrastato, non vuole mediare le proprie opinioni con altri. Ma a ben vedere quando in un'associazione le cose vanno così, la politica finisce la sua funzione. Infatti un leader è tale quando è in grado di trovare soluzioni a più esigenze, sa amalgamare più realtà, attraverso il confronto e individuando una linea che comprende più parti di un corpo politico. In alternativa, come oggi accade pressoché dappertutto, ci sono leader che personalizzano la funzione politica e durano poco, e non riescono mai davvero a coinvolgere se non in un'unità opportunistica, quando non per paura di essere messi fuori dai giochi. Non credo che in politica si debba prescindere dall’accordo, dal costruire un corpo unico con il lavoro paziente del coinvolgimento degli altri. Oggi l'instabilità della politica è da addebitarsi proprio agli eccessi di leaderismi che non creano mai vere solidarietà e vera stima in un corpo associato. Quindi c’è da sperare che nel partito di Zingaretti e negli altri, le correnti di pensiero si formino e diano vita a confronti serrati ed autentici, per arricchire e far vivere lo spirito democratico che prospera con la partecipazione non diventando yes man. 

Raffaele Bonanni

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