Dopo la pandemia di Coronavirus e il vaiolo delle scimmie, quest’estate in Italia torna all’attenzione dell’opinione pubblica il virus West Nile, così chiamato per via del nome della regione dell’Uganda dove è stato scoperto oltre ottanta anni fa. Questo agente patogeno della famiglia delle Flaviviridae è ricomparso per la terza volta nel nostro Paese quest’estate e a partire da giugno, sulla base delle rilevazioni dell’Istituto superiore di Sanità, al 18 agosto sono stati confermati 230 casi nell’uomo e si sono avuti 13 decessi. La maggior parte, sia di casi (175) che di decessi (nove), in Veneto, all’ospedale di Padova ci sono dieci pazienti ricoverati in terapia intensiva. Complessivamente, in 127 casi – tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna) – l’infezione si è manifestata nella forma neuro- invasiva, in 63 casi come febbre, mentre tre sono asintomatici. Un’azione di contrasto alla diffusione dell’infezione è il piano di disinfestazione contro le zanzare portatrici del virus West Nile organizzato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. in seguito al recente rinvenimento, emerso dal sistema di sorveglianza, di alcuni animali positivi al virus nelle località di Adegliacco e a Tolmezzo e Verzegnis.
L’intervista
Per capire meglio cosa sia il virus West Nile e contestualizzare la situazione nel nostro Paese, Interris.it ha intervistato il professor Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Irccs “Santa Maria e San Gallicano” di Roma.
Professore, 230 casi di virus West Nile da giugno, 13 decessi e 10 pazienti in terapia intensiva a Padova. Cosa ci dicono questi numeri, siamo di fronte a un virus aggressivo?
“Si tratta di un virus noto nel nostro Paese dal 1998, quando in Toscana colpì dei cavalli. Successivamente ha coinvolto anche gli esseri umani. Abbiamo periodicamente queste piccole epidemie sul nostro territorio perché un virus non conosce confini e questo si trasmette con le punture delle zanzare, particolarmente la zanzara culex, cioè la più comune. Ha il vantaggio che non si trasmette da persona a persona, ma la diagnosi non è semplice perché spesso è asintomatica o ci si rivolge al medico solo quando i sintomi, come febbre elevata o rash cutaneo, sono particolarmente evidenti. Siccome in alcuni casi può arrivare a un coinvolgimento celebrale molto serio, oltre agli esame ematologici si esegue anche l’esame del liquido cefalorachidiano”.
La diffusione di questo agente patogeno sembra concentrarsi nel Nord Italia. Come si spiega?
“Dopo la crisi del 1998 furono prodotti uno studio e una rete di controllo sul territorio in merito alle zanzare che rappresentano un rischio per gli esseri umani. Ne è emerso che la Lombardia e il Veneto sono le regioni con la maggior presenza di zanzare, in Lombardia venne osservato addirittura un aumento del 27%-30%. Gli entomologi, in seguito, hanno messo in allarme sui fattori come il caldo, l’umidità e le larve: ci vorrebbe maggior attenzione al monitoraggio delle zanzare”.
Quali sono le caratteristiche del virus West Nile e come si trasmette?
“L’incubazione varia dai tre-quattro giorni fino alle due settimane, mentre nei soggetti particolarmente immunodepressi può arrivare fino a tre settimane. Nella maggior parte dei casi non manifesta alcun sintomo, gli oligosintomatici rappresentano circa il 20% dei casi. Essendo causata da delle punture, le lesioni cutanee e l’ingrossamento dei linfonodi avvengono nella zone dove è avvenuta la puntura. Altri sintomi sono la febbre, l’arrossamento degli occhi, i dolori muscolari, mentre nell’1% dei casi si possono manifestare febbre alta, forte mal di testa, torpore, fino alle convulsioni. Nella percentuale dell’1 per mille, può esserci un’encefalite letale. E ad oggi non disponiamo né di vaccini né di una terapia specifica, ma solo quelle basate sui sintomi che si presentano”.
Come i normali cittadini possono fare prevenzione?
“E’ importante ridurre l’esposizione alle punture di zanzare coprendo la superficie cutanea con indumenti leggeri per proteggere la pelle. Poi installare zanzariere alle finestre, usare dei prodotti repellenti, svuotare i sottovasi delle piante. Nel nostro Paese è stato redatto un piano per la prevenzione delle arbovirosi, condiviso anche dalla Conferenza Stato-regioni, un piano fatto molto bene ma a cui è mancata poi la componente professionale, strutturale e finanziaria per l’attuazione”.
Tre casi di Usutu virus, due in Friuli-Venezia Giulia e uno in Piemonte al 20 agosto. Di cosa si tratta?
“E’ una variante determinata dalle modifiche biologiche del virus West Nile, i cui casi non vengono diagnosticati finché un soggetto non vede apparire i primi sintomi e si reca all’ospedale, dove avviene la diagnosi”.
Come rispondere alla sempre maggior comparsa di zoonosi?
“Il fatto che si parli maggiormente delle malattie zoonotiche è anche il segno di una maggior attenzione al tema dell’ambiente. Dovremmo però preoccuparci sempre delle alterazioni climatiche e della siccità, non limitarci a investire solo quando c’è l’evento traumatico. Se continuiamo a usare e a usurare la natura per i nostri scopi, il rapporto uomo-animale e uomo-piante si altera, con l’aumento del rischio della diffusione di malattie zoonotiche. Nella sua enciclica ‘Laudato si’ papa Francesco evidenzia la grandezza natura che noi dobbiamo imparare a rispettare”.
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