“Sotto il profilo scientifico l’accelerazione della corsa del virus è anche l’effetto delle varianti del Sars-CoV-2. Il virus cerca spontaneamente di stabilire una relazione con il suo ospite per ricavarne il massimo vantaggio in termini di replicazione. Non vuole ucciderci, vuole replicarsi il più velocemente possibile. Le varianti che prendono campo sono quelle che lo rendono più infettivo e contagioso”.
“Abbiamo riscontrato che queste mutazioni avvengono a livello di Spike, cioè nella proteina con cui il virus riesce a penetrare nelle cellule umane. Il virus varia proprio dove ci infetta ed è su quella parte del Sars-Cov-2 che agisce il vaccino. Il dato più preoccupante è che le varianti che si affermano nella catena evolutiva sono quelle più capaci nell’attaccare l’organismo e di replicarsi repentinamente. Ciò avviene sempre e rispetto ad altri virus Sars-CoV-2 è relativamente più stabile”.
“Occorre passare innanzi tutto da un metro di distanziamento a due.Se anche le varianti non provocano forme più gravi di malattia, allargano però pericolosamente la fetta di popolazione contagiata e più sono le persone infette, più casi gravi dobbiamo affrontare. Soprattutto in un momento nel quale le strutture sanitarie sono a rischio di collasso per l’alto numero di ricoveri e la campagna vaccinale è appena all’inizio”.
A che punto è il lavoro della comunità scientifica al riguardo?
“La variante che abbiamo studiato di più è la D614G, ma ce ne sono molte altre che allargano la platea dei nuovi casi. Il virus archetipo partito da Wuhan man mano che è circolato nel mondo si è trasformato in varianti sempre più contagiose. Per quanto possa essere stato sottostimato il numero di contagi della prima ondata in Cina, è evidente che i numeri delle seconda ondata, soprattutto in Europa, sono incomparabilmente superiori. Nel solo Regno Unito la mutazione del Sars-Cov-2 ha fatto crescere le infezioni del 50%”.