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Pakistan: il più grande lago del Paese distrutto dall’inquinamento

L’inquinamento delle acque in Pakistan sta devastando l’economia locale di migliaia di famiglie. Il lago Manchar, il più grande del Paese, dal quale dipende la vita di centinaia di pescatori che vivevano delle sue ricche risorse ittiche, è stato quasi completamente distrutto a causa di un mix tossico di rifiuti salini, chimici e umani.

La causa risale agli anni ’70, quando il governo della provincia del Sindh avviò un piano di sviluppo del sistema fognario, noto con il nome di Right Bank Outfall Drain (Rbod), secondo cui nel fiume dovevano riversarsi tutte le acque reflue delle città delle provincia, oltre agli scarichi industriali e dei fertilizzanti agricoli utilizzati nei campi di riso. Risultato, nel lago – una delle più ampie riserve di acqua dolce del Paese – sono andate scomparendo migliaia di tonnellate di pescato ogni anno con intere famiglie della locale tribù dei Mohanna – che da generazioni erano pescatori – costrette a spostarsi altrove.

Negli anni Settanta, infatti, venivano pescate più di 15mila tonnellate di pesci l’anno, mentre di recente il pescato oscilla tra le 2mila e le 3.800 tonnellate, necessario a mala pena alla sopravvivenza di poche persone.

Un sondaggio della Sindh Education Foundation sostiene che si siano già estinte 14 specie di pesci, su un totale di 200 rinvenute nel 1930. Inoltre, sempre secondo la fondazione, oggi le acque del lago – che si estende per oltre 250 chilometri quadrati – non sono più potabili.

I primi a subire dell’avvelenamento sono i pescatori della tribù dei Mohanna: sui circa 20mila pescatori presenti negli anni Ottanta, oggi ne rimangono al massimo 4mila. “Quando ero piccolo – racconta Yusuf, uno di loro – c’erano circa 400 barche. Ora, se ne vedono non più di una ventina”. Mustafa Mirani, vice presidente del Pakistani Fishermen Forum, denuncia: “Il lago è un dono di Dio. Ma tutta la sua bellezza è stata distrutta”. E, con lui, anche risorse e tradizioni.

Milena Castigli

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