Un anno fa una commissione indipendente promossa dalle Nazioni Unite denunciò che quello ai danni della minoranza yazida in Iraq da parte dello Stato islamico è da definirsi un “genocidio”.
Oggi, un’altra commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite per la Siria invita a non dimenticare il carico di dolore che sta colpendo questo antico popolo iracheno, denunciando che la comunità internazionale poco ha fatto finora per fermare il genocidio.
“Il genocidio sta andando avanti e resta ampiamente impunito nonostante l’impegno preso dai Paesi per evitare e punire questo reato”, ha detto la Commissione. “Migliaia di uomini e ragazzi yazidi restano dispersi e il gruppo terroristico continua a sottoporre circa tremila tra donne e ragazze in Siria a violenze orribili, tra cui stupri quotidiani e pestaggi brutali”.
Le barbarie nei confronti degli yazidi sono venute alla luce nell’agosto 2014. A tre anni di distanza, la situazione appare tutt’altro che migliorata. Un documento diffuso ieri dal governo regionale del Kurdistan iracheno riferisce che gli yazidi uccisi durante l’occupazione dell’Isis sono stati 1293, un numero che però non tiene conto di quelli uccisi o rapiti nelle zone fuori dall’Iraq.
Enorme è il numero degli yazidi rapiti dagli uomini del Califfato: solo nel Kurdistan iracheno sono stati 6417 di cui 1102 donne ridotte a schiave sessuali e ben 1655 bambini anch’essi ridotti in molti casi a schiavi sessuali o trasformati in bombe umane. Sono invece 360mila gli yazidi costretti a fuggire, di cui novantamila rifugiati all’estero. Nelle strutture ricettive e di assistenza curde — riferisce sempre il rapporto — ci sono 2645 bambini yazidi rimasti orfani; di questi almeno 220 hanno i genitori ancora in mano ai jihadisti.
Proprio ieri nel Parlamento iracheno è giunta una denuncia sull’inerzia delle Istituzioni dinanzi al dramma in questione. Hejji Kandour Al Sheikh, deputato yazida, ha affermato che a decine di migliaia di persone viene impedito di fare rientro nelle aree liberate a causa delle dispute territoriali tra il governo centrale iracheno e le autorità del Kurdistan le quali non vogliono più lasciare il territorio yazida sotto il controllo del governo di Baghdad. Secondo loro, l’esecutivo si è completamente disinteressato della protezione delle minoranze etniche.
Al Sheikh ha inoltre rilevato che i numeri diffusi dal governo curdo sarebbero in difetto: le donne yazide in mano all’Isis sarebbero infatti oltre duemila e non 1102.
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