Crescita record a settembre nei numeri dei mestieri del futuro. In un’economia sempre più smart, aumentano senza sosta le professioni collegate al trattamento e all’analisi dell’informazioni, ai nuovi media e ai big data, alla produzione, all’automazione e alla logistica. Le richieste di queste nuovi profili lavorativi sono in prevalenza concentrate in Lombardia. A Milano sono 20 mila su un totale di 48 mila posti previsti dalle imprese nel mese di settembre, pari al 42% del totale. A Monza Brianza, riferisce LaPresse, sono oltre 3 mila su 7 mila (il 43%), a Lodi 530 su 1.310 (il 42%). Secondo i dati Unioncamere-Anpal sulle previsioni relative a settembre 2019. In generale, i lavori 4.0 rappresentano il 42% di tutte le nuove posizioni lavorative , tra dipendenti e collaboratori.
Tra i profili 4.0 più richiesti dalle imprese: tecnici delle vendite, del marketing e della distribuzione commerciale e quelli in campo informatico, ingegneristico e della produzione. I giovani fino a 29 anni sono assunti in prevalenza come operai dell’industria del legno e della carta a Milano (55%), come tecnici amministrativi, finanziari e della gestione della produzione a Monza Brianza (38%) e operai nella plastica (39%), come operai e conduttori di impianti nell’industria alimentare a Lodi (38%) e conduttori di macchinari mobili (43%). Una ricerca condotta dall’università Milano Bicocca per il Sole 24 Ore costruisce la mappa delle nuove professioni: regulatory affairs, business analyst, Hse specialist, designer engineer, connectivity e cyber security specialist, business intelligent analyst, data scientist, data specialist. Il futuro del lavoro è in queste nuove professioni, che hanno tutte un unico denominatore comune: a trainarle è l’Industria 4.0.
“Il primo passaggio è stato di tipo qualitativo- spiega al quotidiano della Confindustria, Mario Mezzanzanica, direttore del Crisp e responsabile del progetto -. Si è trattato, cioè, di circoscrivere, attraverso focus group, i profili professionali in qualche modo coinvolti dalla rivoluzione tecnologica 4.0, arrivando così a identificare 65 figure riconducibili a tre tipologie: professioni inerenti trattamento e analisi delle informazioni; professioni associate a nuovi media e big data; professioni legate all’area produzione, automazione e logistica”. A questo punto si è passati a un approccio quantitativo, compulsando il database delle Comunicazioni obbligatorie dell’Osservatorio del mercato del lavoro della Regione Lombardia. “Abbiamo monitorato – continua Mezzanzanica – le dinamiche relative agli eventi lavorativi (avviamenti, cessazioni, proroghe e trasformazioni) dei lavoratori con i profili professionali selezionati negli ultimi cinque anni e sono state identificate 27 figure rilevanti, di cui 15 con un trend di richieste in crescita: analisti e progettisti di software; conduttori di macchinari per la fabbricazione di altri articoli in gomma; conduttori di macchine per la trafila di metalli; conduttori di macchine per l’estrusione e la profilatura di metalli; disegnatori tecnici; ingegneri meccanici; operatori di catene di montaggio automatizzate; operatori di macchinari e di impianti per la chimica di base e la chimica fine; operatori di macchinari per la produzione di farmaci; tecnici della produzione alimentare; tecnici della produzione manifatturiera; tecnici della distribuzione; tecnici dell’organizzazione e della gestione dei fattori produttivi; tecnici esperti in applicazioni e tecnici per le telecomunicazioni”.
Nell’area Amministrazione, marketing e vendite emergono abilità legate a social network, Seo copywriting o gestione dei blog: un segnale che anche le aziende industriali stanno cercando di valorizzare le nuove tecnologie. Nell’area Progettazione, produzione automatica e logistica prevalgono security e connettività, mentre nell’area Sistemi informativi le skill più gettonate ruotano attorno alla data analysis: controllo e gestione dei dati nell’Industria 4.0 sono fondamentali. La transizione alla nuova rivoluzione industriale è compiuta. Ma la formazione delle nuove professionalità non riesce a tenere il passo. “Il mondo della formazione deve adeguarsi – sottolinea Mezzanzanica -. Per esempio, in Italia si contano solo due o tre corsi di lauree magistrali in data scientist e sono appena una decina i master dedicati alla gestione dei big data, dove è interessante notare, come avviene presso l’Università Bicocca, che a iscriversi sono soprattutto persone che già lavorano e che vogliono riqualificarsi in questo ambito, decisivo per l’affermarsi dell’Industria 4.0”.
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