La piccola Tafida Raqeeb non deve morire, sarà trasferita al Gaslini di Genova. E' quanto ha deciso un giudice dell'Alta Corte di Londra accogliendo il ricorso dei genitori contro la decisione dei medici del Royal London Hospital, dove la bimba di cinque anni è ricoverati in gravi condizioni dopo aver subito a febbraio un intervento al cervello, di interromperre la ventilazione artificiale che l'aiuta a respirare. La bimba è in uno stato di coscienza minima e non soffre.
La storia della piccola inizia lo scorso 9 febbraio quando a causa di una malformazione, una vena nella sua testa scoppia. Viene sottoposta d'urgenza a un intervento al Kings College Hospital, sopravvive, ma la diagnosi parla di gravi danni. Succesivamente viene trasferita al Ryal London Hospital e, da allora, vive attaccata a un respiratore. La struttura sanitaria è gestita da un'azienda pubblica la Barts che, non vedendo alcuna possibilità di recupero, chiede di staccare il macchinario. L'ospedale presenta così un'istanza al giudice per rendere esecutiva la decisione, nonostante la contrarietà dei genitori, spiegando che era nel “miglior interesse” della paziente.
Il 9 settembre inzia, l'udienza dell'Alta Corte di Londra chiamata a decidere sul caso di Tafida. Il ricorso dei genitori, Shelina Begum, avvocato di 39 anni, e Mohammed Raqeeb, perito edile di 45, è stato depositato il 16 luglio all'Alta Corte di Londra dopo aver ottenuto la disponibilità a un ricovero della bambina presso l'Ospedale Gaslini di Genova. Secondo gli esperti del London Royal Hospital, “proseguire con cure invasive è ormai vano”. Ma la bimba, secondo quanto affermato dai genitori, è “vigile”. L'avvocato dei genitori, Vikram Schdeva, ha fatto leva sulla premessa che Tafida non soffre, secondo una diagnosi unaninme degli specialisti, ed è in stato di coscienza seppur minima. Ha, inoltre, invocato la protezione del diritto europeo, sulla libertà di movimento e sul rispetto dei valori religiosi della famiglia, secondo i quali mettere fine alla vita della bimba in queste condizioni rappresenterebbe un “peccato grave” e “un attentato alla sacralità della vita”. La religione islamica, infatti, non contempla alcuna forma di interruzione delle terapie se non nei casi di dichiarata morte cerebrale, condizione che non riguarda Tafida.
L'ultima a parlare davanti all'Alta Corte, nel corso dell'udienza, è stata la mamma di Tafida, Shelina, la quale ha ribadito di non fidarsi dei dottori del Royal London Hospytal e ha detto al giudice di sperare ancora in “un recupero di alcune funzioni”. “Se anche il recupero non ci fosse, noi vogliamo che abbia comunque la chance di continuare a vivere la sua vita così com'è“, ha aggiunto Shelina.
Come riporta l'Ansa, il verdetto emesso dal giudice Alistair MacDonald è stato definito “sensezionale”. Il giudice dell'Alta Corte, come dichiarato, non ha tenuto conto dell'aspetto dell'appartenenza religiosa, ma ha sottolineato la ragionevolezza delle argomentazioni della famiglia. Ha invece bocciato il punto di vista dell'ospedale londinese secondo cui mettere fine alla vita di Tafida sarebbe stato nel suo miglior interesse. “Dieci o venti anni di 'inconsapevolezza' sono prezzo degno d'essere pagato, mentre 20 anni di sofferenza potrebbero non esserlo”, ha sentenziato, sottolineando come gli stessi medici abbiano ammesso che la piccola non soffre. Ora, prima dell'eventuale trasferimetno al Gaslini, bisognerà aspettare per capire se il Royal London Hospital deciderà di fare appello.
Il caso di Tafida ricorda quelli recenti di altri tre bembini britannici – Charlie Guard, Alfie Evans e Isaiah Haastrup – che hanno suscitato un forte dibattito e hanno avuto un grande rissalto mediatico ma che, contrariamente al caso di Tafida, si sono conclusi col via libera dei tribunali del Regno Unito ai medici e con la morte dei piccoli.
“Siamo felici di poter accogliere Tafida all'ospedale Gaslini. Fin da subito abbiamo offerto la disponibilità di accogliere la piccola Tafida e la sua famiglia nel nostro ospedale, poiché non sempre, purtroppo, è possibile guarire, ma sempre è doveroso prendersi cura e offrire spazio di accudimento ed accoglienza – ha affermato Paolo Petralia, direttore generale dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova dopo la sentenza -. Questo tempo, che viene offerto a Tafida e alla sua famiglia, è una condizione di dignità e qualità della vita, che da sempre al Gaslini viene offerto ai bambini di tutte le nazionalità e in tutte le condizioni. E in questo, ancora una volta, portiamo avanti la missione del nostro fondatore, rivolta ai bambini di ogni condizione, di ogni dove e in ogni tempo”.
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