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Giornata per la cura del creato, Mauceri: “Non ‘bruciamo’ ogni possibilità di sviluppo sostenibile”

Si celebra oggi la Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del Creato con la quale si apre il Tempo del Creato, la cui conclusione sarà il prossimo 4 ottobre, giorno in cui la Chiesa festeggia il Poverello di Assisi: San Francesco. Papa Francesco, nel messaggio inviato per quest’occasione, ci invita ad “ascoltare la voce del creato” e a cogliere l’opportunità per “coltivare la nostra ‘conversione ecologica‘, una conversione incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla “catastrofe ecologica” preannunciata da San Paolo VI già nel 1970″.

L’intervista

Ma quali sono le piaghe che affliggono il nostro pianeta Terra? Quali azioni i governi e i singoli cittadini dovrebbero intraprendere affinché ci sia una vera svolta? Interris.it ha intervistato il dottor C. Alessandro Mauceri, Segretario Scuola Nazionale Ambiente di Movimento Azzurro.

Dottor Mauceri, qual è l’importanza di questa giornata?

“Pur non essendo una delle giornate istituite dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Giornata Internazionale del Creato è una ricorrenza importantissima. La sua origine risale al 1983: quell’anno a Vancouver, in Canada, durante l’Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, i delegati decisero di rivolgere un appello a tutte le Chiese affinché si impegnassero in un ‘processo conciliare di mutua dedizione a giustizia, pace e salvaguardia del creato”. Qualche anno dopo, nel 1989, a Basilea, la I Assemblea ecumenica europea ribadì questo l’impegno. All’evento parteciparono la Conferenza delle Chiese europee (KEK) e il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE) che, nel 2001, a Strasburgo, sottoscrissero un documento con il quale definirono le linee guida per la collaborazione tra le Chiese cristiane in Europa. Con questo documento, venne anche istituita ‘una giornata ecumenica di preghiera per la salvaguardia del creato’. La data decisa per ricordare questa giornata fu il 1° settembre, capodanno ortodosso”.

Sempre di più assistiamo a eventi climatici estremi. Cosa devono dirci e come porvi rimedio?

“Ormai gli eventi climatici estremi sono così frequenti che non fanno più notizia. Porvi rimedio non è semplice: significherebbe adottare cambiamenti nello stile di vita dei paesi occidentali (i principali responsabili delle emissioni e, quindi dei cambiamenti sull’ambiente) che molti non sono disposti ad accettare. Ma soprattutto richiederebbero l’abolizione del consumismo sfrenato oggi così diffuso. Quello che si potrebbe fare è cercare di essere pronti e di imparare a fronteggiare questi eventi estremi. Ma anche questo incontra non poche difficoltà: farlo richiederebbe un lavoro non indifferente da parte dei governi e delle amministrazioni a tutti i livelli. Si pensi ai terremoti o agli eventi climatici estremi: in teoria, in tutti i paesi sviluppati, esistono studi, ricerche, piani e programmi per il pronto intervento. Poi, però, ogni volta che uno di questi eventi si verifica, emerge l’impreparazione e l’incapacità di farvi fronte. Un esempio per tutti, la condizione degli edifici scolastici: secondo i dati del MIUR, in Italia sono migliaia e migliaia gli edifici scolastici che non dispongono di piani per le emergenze o di sistemi per la sicurezza. Molti non avrebbero nemmeno un certificato di agibilità. Cosa accadrebbe se si verificasse una emergenza? Situazione analoga per le emergenze idriche in molti corsi d’acqua. Per non parlare degli incendi”.

“Ascoltare la voce del creato” è il tema e l’invito che Papa Francesco ci rivolge in questa giornata. Ma siamo ancora capaci di ascoltare la voce del creato?

“L’invito di Papa Francesco per la Giornata Internazionale del Creato 2022 è davvero eccezionale. Il Pontefice esorta ad ascoltare la voce di tutti, a percepire i segnali che arrivano dall’ambiente. Ma anche a porre fine alle incomprensioni che nell’ultimo periodo stanno tornando a martoriare la vita di decine di milioni di persone. In tutto il mondo, le risorse naturali vengono sfruttate eccessivamente e le minoranze vengono massacrate. Il grido d’aiuto di molti popoli resta inascoltato. In America latina, in Brasile, ma anche in Africa, nel Tigrai ad esempio, regione dell’Etiopia di cui non si parla mai dove la popolazione sta morendo. O in Asia, dove la situazione non mostra segni di miglioramento. O in Europa, martoriata dalla guerra in Ucraina che ha causato incomprensioni anche tra fratelli cristiani che solo pochi anni fa vivevano in pace. Molti sembrano non capire che siamo tutti parte di un unico Creato”.

Il prossimo novembre si terrà in Egitto il vertice Cop27, un’opportunità per favorire l’attuazione dell’Accordo di Parigi. Che prospettive si aprono e quali occasioni per i governi e per i singoli cittadini?

“Le speranze di chi credeva che i governi potessero risolvere i problemi ambientali che affliggono la Terra sono state deluse. Nel 1992, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (o UNFCCC), furono sottoscritti gli Accordi di Rio, un trattato internazionale frutto del lavoro dei partecipanti alla Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development), conosciuta come Summit della Terra. Alla base di questi accordi c’era la riduzione delle emissioni dei gas serra, principali responsabili del riscaldamento globale. Nel 1997, venne sottoscritto il protocollo di Kyoto. Da allora, ogni anno (tranne l’anno della pandemia) si sono susseguite le COP, le ‘Conferenze delle Parti’, incontri in cui i governi di tutto il pianeta si impegnano a fare qualcosa per salvare il Creato. Purtroppo quasi mai queste promesse sono seguite da impegni concreti. Anche la storica COP21 di Parigi, che per molti avrebbe dovuto segnare il punto di svolta, non ha prodotto risultati concreti: anno dopo anno, nel mondo, le emissioni di CO2 continuano ad aumentare. E le prospettive sono tutt’altro che rosee. È per questo che in molti non credono più nel sistema delle COP. Anche la prossima, la 27esima, che si terrà in Egitto, sembra non avere molte speranze: negli incontri preparatori che si sono tenuti a Bonn, nei mesi scorsi, è emerso il totale disaccordo tra le necessità dei paesi vittime di cambiamenti climatici (soprattutto i paesi insulari e alcuni paesi asiatici, ma anche quelli che si affacciano sul Mar Mediterraneo) e gli interessi dei paesi industrializzati. Papa Francesco ha detto che la COP27 rappresenta ‘un’opportunità per lavorare insieme per un’efficace attuazione dell’Accordo di Parigi’. Nel suo messaggio per il Tempo del Creato del 2022 (il periodo che riunisce l’intera comunità cristiana in tutto il mondo per pregare e agire per la cura dell’ambiente dal primo settembre con la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato al 4 ottobre con la festa di San Francesco d’Assisi), ha chiesto ‘in nome di Dio’ che le grandi imprese estrattive ‘smettano di distruggere foreste, zone umide e montagne, smettano di inquinare fiumi e mari, smettano di avvelenare persone e cibo’. E ha disposto che lo Stato della Città del Vaticano ‘aderisca alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e all’Accordo di Parigi’, nella speranza che l’umanità venga ricordata per aver assunto le sue gravi responsabilità per l’impatto dei cambiamenti climatici”.

Papa Francesco, nel suo messaggio per questa giornata parla di “debito ecologico”: se non invertiamo la rotta, cosa lasceremo alle generazioni future?

“Le parole di Papa Francesco sono (come sempre) importantissime: richiamano l’attenzione sul concetto di ‘sostenibilità’. A cercare di calcolarla è un indice, l’Earth Overshoot Day, che misura la sostenibilità o, al contrario, il debito ecologico di un paese o dell’intero pianeta. Ogni anno i ricercatori indicano la data in cui l’umanità ha utilizzato tutte le risorse a disposizione: da quel momento in poi, inizia il suo ‘debito’. Una situazione in cui, non essendo più disponibili risorse riproducibili entro l’anno, si genera un debito nei confronti delle generazioni future (nel 2022 l’Earth Overshoot Day è caduto il 22 luglio). Un debito che ognuno di noi, con il nostro stile di vita, con le nostre abitudini frutto di un consumismo sfrenato sta lasciando ai nostri figli”.

I governi di tutte le nazioni sono concordi che è questo il tempo di agire. Quale dovrebbe essere il primo passo da compiere?

“Il punto focale è capire che la Terra e le sue risorse non sono infinite. La Terra non è una nostra proprietà (come purtroppo credono in molti). È un dono che abbiamo ricevuto e di cui dobbiamo prenderci cura. Evitando di sprecare in modo frenetico le risorse naturali. Tutelando le sue caratteristiche, la sua diversità, la sua biodiversità, i suoi equilibri unici e delicatissimi. Facendo in modo di non ‘bruciare’ ogni possibilità di sviluppo sostenibile. Non è un caso se il roveto ardente è stato preso come simbolo del Tempo del Creato 2022. Un esempio del danno che causano i numerosi incendi dolosi, indicati come simbolo degli effetti devastanti che il cambiamento climatico sui più deboli: mentre le foreste bruciano, gli animali fuggono e le persone sono costrette a emigrare a causa del fuoco. Un simbolo quanto mai calzante, con il quale si sottolinea il pericolo legato al deteriorarsi dell’ambiente, ma anche la responsabilità della Chiesa per salvaguardare il Creato”.

Manuela Petrini

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