Tornano i voucher nel lavoro domestico. Ma, avverte Domina, “l’esperienza insegna che servono a poco senza incentivi alle famiglie“. I voucher previsti in legge di bilancio si applicano alle attività lavorative di natura occasionale. La reintroduzione dei voucher per lavoro occasionale e stagionale è destinata quindi principalmente ai settori dell’agricoltura, del turismo e dei servizi alla persona. Con riferimento in particolare al lavoro domestico. “L’obiettivo di questo provvedimento sarebbe far emergere il lavoro irregolare. Rendendo più snella la regolarizzazione per i lavoratori che svolgono poche ore settimanali o brevi periodi durante l’anno”, avverte l’Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico . L’esperienza italiana, prosegue Domina, “dimostra però che, almeno nel lavoro domestico, strumenti di questo tipo non sono mai stati molto utilizzati dalle famiglie. Tranne che quando collegati ad incentivi e bonus.
E’ utile al riguardo ripercorrere la storia dei voucher nel lavoro domestico. Introdotti in Italia nel 2003 (legge 30 del 2003, “Legge Biagi”), i voucher erano inizialmente riservati a studenti e pensionati nel settore agricolo. Ma sono stati progressivamente estesi a tutti i settori. L’abolizione avvenne nel 2017. Evitando quindi il referendum abrogativo già in programma per il maggio di quell’anno. Fino al 2017, dunque, i voucher erano consentiti per lavori occasionali con compensi complessivamente non superiori a 5.000 euro annui. Nella versione del 2023, questa soglia sale a 10.000 euro. Nel 2016, anno di massima espansione di questo strumento, i lavoratori coinvolti sono stati 1,7 milioni. Con una media di 75 ore pro-capite. E un importo lordo medio di 746 euro. In quell’anno, i lavoratori domestici coinvolti furono poco più di 50 mila. Pari al 3% dei lavoratori complessivamente interessati.
Anche osservando la somma dei voucher utilizzati tra il 2013 e il 2017, il lavoro domestico ha beneficiato solo del 4,1% dei buoni. Mentre i settori che ne hanno fatto maggiormente ricorso sono il commercio (18,0%) e il turismo (16,2%), secondo le elaborazioni dell’ Osservatorio Domina su dati Inps. Dopo l’abolizione dei voucher, nel 2017 è stato istituito il Libretto Famiglia (Legge numero 96 del 21 giugno 2017), Uno strumento rivolto alle persone fisiche non nell’esercizio di attività professionale o d’impresa. Per gestire alcune categorie specifiche di lavoro. Ossia piccoli lavori domestici. Inclusi i lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione. Assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità. Insegnamento privato supplementare.
Nel periodo pre-pandemia questo strumento aveva un utilizzo piuttosto limitato. Con un numero medio di lavoratori inferiore a 10 mila al mese nei quattro trimestri del 2019. Il Libretto Famiglia ha registrato un improvviso aumento nel 2020 a seguito dell’emergenza Covid. E in particolare dell’istituzione del Bonus BabySitting. Il numero medio di lavoratori mensili ha così raggiunto i 43 mila nel primo trimestre. E ha superato i 200 mila nel secondo trimestre. Per poi tornare a diminuire nella seconda metà del 2020. 119 mila di media nel terzo trimestre. E 12 mila nel quarto. Nel 2021, dopo un lieve rialzo nel primo trimestre, i dati relativi al numero medio di lavoratori pagati tramite Libretto Famiglia sembrano tornare ad attestarsi ai livelli pre-Covid. Nel 2022, infine, i dati relativi ai primi sei mesi (fornitura personalizzata Inps per Domina) confermano questa tendenza. Con una media vicina ai 12 mila lavoratori al mese.
I dati evidenziano quindi come i voucher e il Libretto Famiglia siano sempre stati poco utilizzati dalle famiglie per la gestione del rapporto di lavoro domestico. L’eccezione è rappresentata dai periodi in cui vigono incentivi pubblici. Come il Bonus Baby-Sitting durante la pandemia. Lorenzo Gasparrini è il segretario generale di Domina (Associazione Nazionale Datori di Lavoro Domestico. Firmataria del contratto collettivo nazionale sul lavoro domestico. “L’esperienza dei voucher e del Libretto Famiglia insegna che questi strumenti, da soli, non sono sufficienti- afferma Gasparrini-. Non bastano a favorire la regolarizzazione nel lavoro domestico. L’emersione del “nero” è invece favorita da incentivi e strumenti fiscali a sostegno delle famiglie”. Da anni, ad esempio, Domina chiede la piena deducibilità dei costi. Quelli sostenuti dalle famiglie per l’assistenza e la cura a domicilio.
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