L’
accoglienza diffusa come
risposta alla crisi umanitaria. Alla diocesi di Prato il soggiorno d’emergenza per i
profughi ucraini è diventato un modello di
intervento solidale. Per sei mesi, infatti, sono state ospitate
45 persone. In particolare mamme con figli minori. Con l’ultima famiglia che nei giorni scorsi ha fatto
ritorno in Ucraina, è terminata l’accoglienza diffusa nelle
case dei pratesi. Coordinata dalla Caritas diocesana e dall’associazione il Casolare. Ad ospitare nella diocesi toscana gli
sfollati del conflitto russo-ucraino sono state una ventina di famiglie accoglienti. Nuclei familiari che si sono resi disponibili a dare un alloggio. Pronti a
garantire un sostegno a chi stava scappando dalla guerra.
“Vogliamo ringraziare tutto coloro che nei mesi scorsi hanno aperto le porte delle loro case con fraterna disponibilità“, afferma Sandra Gramigni. Prosegue la responsabile del progetto per conto del Casolare: “La loro azione è stata un esempio di testimonianza cristiana. E ha permesso di alleviare la sofferenza. Soprattutto per donne e bambini. Persone costrette a lasciare il proprio paese colpito da una guerra assurda“. A Prato l’inserimento dei profughi ucraini nelle famiglie seguite dalla Caritas è iniziato a fine febbraio. Quindi il progetto è stato attivato pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto. Ed è durato appunto sei mesi.