E' morta Rita Borsellino, una vita per la memoria

Aun mese esatto dal 26esimo anniversario della strage di Via D'Amelio, è scomparsa Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo, ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992. Ricoverata in terapia intensiva, da anni combatteva contro la malattia ma, nonostante questo, ha continuato a portare avanti la sua battaglia contro la criminalità organizzata, parlando ai giovani studenti di suo fratello e del suo lavoro di contrasto a Cosa nostra. La memoria, coltivata come un impegno perpetuo dal 1992 a oggi, è stata la missione di Rita Borsellino già all'indomani della strage di Palermo, quando la morte del giudice aveva palesato più che mai l'importanza di una lotta al crimine che non riguardasse solo i funzionari statali ma la cittadinanza stessa.

Il tentativo all'Ars

Per questo, nel 1994, aderì all'associazione Libera fondata da don Ciotti, divenendone vicepresidente un anno dopo e presidente onoraria nel 2005. Del sacerdote dirà in seguito che aveva cambiato la sua vita: “Io, che non avevo viaggiato mai da sola, cominciai un lungo giro d'Europa per parlare di legalità”. Rita Borsellino lavorava in una farmacia ma trovava sempre il modo di bilanciare la sua vita fra la quotidianità e il suo impegno nella sensibilizzazione dei più giovani sulla piaga della mafia e della criminalità organizzata in tutta Italia. E, pur lontana da un'idea standard della vita politica, tentò nel 2006 di candidarsi alla presidenza della Regione, ottenendo il 66,9% dei consensi alle primarie e, nella corsa all'Ars, un ottimo 41,63% (da indipendente) contro il 53,08% che valse a Cuffaro la poltrona di governatore. Per il Partito democratico fu anche eurodeputata.

Un impegno costante

Negli ultimi anni, la malattia non gli ha impedito di proseguire nelle sue manifestazioni pubbliche e nei suoi interventi per parlare di mafia e, soprattutto, di come combatterla a partire dai gesti della vita quotidiana. Un modo per insegnare a dire il proprio “no” alla paura esercitata da chi fa della violenza la sua arma di intimidazione. Solo qualche mese fa, la pubblicazione del dossier del Borsellino quater e l'emersione di tutti quei dettagli che hanno portato i magistrati di Caltanissetta a parlare di depistaggio di Stato in riferimento alla strage in cui morì il giudice Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Una trentina di giorni fa, si unì alla protesta della nipote Fiammetta Borsellino e alle sue 13 domande, l'ultimo gesto di un impegno portato avanti per un quarto di secolo con la stessa forza.