Intervento

Saggezza cristiana è saper riconoscere i cambiamenti. Lo stile di Francesco

Saggezza e misericordia rappresentano attuazione e compimento del Concilio Vaticano II. Inoltre sono aspetti decisivi e qualificanti del pontificato di Francesco. Perché vi si condensa l’esperienza più alta del suo rapporto di amore e di compassione. Verso il mondo con cui è pronto a riconciliarsi superando la vecchia logica della condanna e dell’anatema. Jorge Mario Bergoglio non rende banale lo spirito della misericordia. Non la riduce a un’accezione puramente “buonista”. Francesco è pienamente consapevole che stiamo vivendo in un’epoca storica particolarmente conflittuale. Nella quale si sta combattendo una “terza guerra mondiale a pezzi”. Perciò la Chiesa non può che auto-comprendersi come un “ospedale da campo“. Francesco testimonia lo stesso stile del suo maestro Angelo Giuseppe Roncalli. I tempi cambiano, anche i cristiani cambino. Senza paura e nella fede in Gesù. Jorge Mario Bergoglio riconosce che non è facile capire i segni dei tempi. Cosa vuole realmente dirci Cristo. Troppo facile conformarsi, bisogna invece fare silenzio e osservare. E dopo fare una riflessione. E così i tempi cambiano. E i cristiani devono cambiare continuamente. Con libertà e nella verità della fede. Lo stile di Francesco rispecchia una Chiesa che opera facendo attenzione ai segni dei tempi. Senza cedere alla comodità del conformismo. Ma lasciandosi ispirare dalla preghiera. Un’esortazione a camminare saldi nella fede in Gesù Cristo. Saldi nella verità del Vangelo. Ma l’atteggiamento dei cristiani deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi. I cristiani devono fare quello che vuole Cristo: valutare i tempi e cambiare con loro. Restando saldi nella verità del Vangelo. Ciò che non è ammesso è il tranquillo conformismo che, di fatto, fa restare immobili. Illuminante è al rigurado il brano della Lettera ai Romani in cui San Paolo predica con tanta forza la libertà che ha salvato l’umanità dal peccato. E c’è, poi, la pagina del Vangelo nella quale Gesù parla dei segni dei tempi dando degli ipocriti a coloro che sanno comprenderli Ma non fanno altrettanto con il tempo del Figlio dell’Uomo. Dio ha creato gli uomini liberi e per avere questa libertà occorre aprirsi alla forza dello Spirito e capire bene cosa accade dentro e fuori il loro animo. Usando il discernimento. Gli uomini hanno, secondo Francesco, questa libertà di giudicare quello che succede fuori di essi. Ma per giudicare devono conoscere bene quello che accade fuori da loro stessi. E come si può fare questo? Come si può ciò che la Chiesa chiama conoscere i segni dei tempi? I tempi cambiano. Per Francesco è proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi. Cosa significa una cosa e cosa un’altra. E fare questo senza paura, con la libertà. Jorge Mario Bergoglio riconosce che non è una cosa facile. Troppi sono i condizionamenti esterni che premono anche sui cristiani. Inducendo molti a un più comodo non fare. E invece prima la misericordia poi il resto. I cristiani sono liberi per il dono della libertà che deriva da Gesù Cristo. Il lavoro dei cristiani è guardare cosa succede dentro. Discernere i loro sentimenti e pensieri. E comprendere cosa accade fuori discernendo i segni dei tempi. Secondo Francesco, dunque, i tempi fanno quello che devono: cambiano. Una concezione della sua missione che fa di papa Bergoglio non solo il capo della Chiesa o il portavoce dell’intera cristianità. Bensì un interlocutore e referente morale di “tutti gli uomini di buona volontà”. Secondo la lezione di Giovanni XXIII, il predecessore cui Francesco maggiormente si ispira nel magistero. E che ha proclamato santo a piazza San Pietro nella stessa cerimonia di canonizzazione di Karol Wojtyla. La misericordia come strumento di evangelizzazione. In un mondo secolarizzato e confuso che ha smarrito molti valori ereditati da una fede radicata malgrado infedeltà e inadeguatezze. La nuova visione con cui la Chiesa guarda il mondo è quella di chi vuole combattere al suo fianco come “compagno di viaggio”. E non più come un giudice che dall’alto del suo scranno punta severamente il dito verso l’umanità.

Giacomo Galeazzi

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