Tanti anni fa Renato (Zero), in una canzone recitava che “il carrozzone va avanti da sè, con le regine, i suoi fanti e i suoi re”. Appunto, il carrozzone del calcio, che non cambia e non cambierà mai perché qui non siamo in Inghilterra dove i diritti tv sono sacrosanti e sono ripartiti in egual misura tra il City campione ed il Luton neo promosso. Si chiama pari opportunità, che da noi non esiste perché chi ha soldi ne vuole sempre di più e la forbice con le cosiddette medio-piccole si allarga sempre più. In Premier succede che ogni partita ha una storia a sé, tutta da giocare, mentre in Italia, difficilmente i pronostici vengono ribaltati.
Diritti tv che nei prossimi cinque anni, dal 2024 al 2029, sono stati assegnati quasi a furor di popolo a Dazn e Sky con 17 voti a favore, tre contrari, quelli di Salernitana, Cagliari e Napoli, con De Laurentiis che ha dato spettacolo, ribellandosi ad un mondo calcistico, secondo lui, sempre più alla deriva. Ma in democrazia bisogna rispettare il voto popolare, che ha sancito la vittoria dell’accoppiata Danz/Sky, con i primi che per ogni week end, si sono assicurati le dieci partite di ogni turno, mentre Sky ne potrà trasmettere tre. Tanto rumore per nulla, dalle liti dei giorni precedenti all’accordo lampo trovato, favorito dalla spinta emotiva di Juventus, Inter e Milan che hanno fatto da apripista all’accordo.
In realtà, l’accordo è inferiore a quello precedente di 27,5 milioni annui. Si è passati insomma dai 927,5 di queste ultime stagioni, ai 900 tondi delle prossime cinque stagioni. In realtà i club della massima serie incasseranno meno nei primi due anni per poi salire nei restanti tre, Dazn ne ha fatto tutti partner, il che significa che saranno successivamente divisi i ricavi. Tutto bello, almeno sulla carta, visto che per raggiungere gli obiettivi previsti, servirà maggiore attenzione e controllo al “pezzotto” che continua a divulgare il suo verbo a dispetto delle piattaforme ufficiali. Il tifoso, sarà questo il messaggio che i club lanceranno, potrà aiutare la sua società solo combattendo la pirateria e abbonandosi alle piattaforme ufficiali.
Rimane l’immagine di un campionato, quello di serie A, non solo spezzettato nella sua programmazione, ma sempre più legato alle logiche d’immagine televisiva. E i prossimi anni, saranno sempre peggio per i campionati nazionali, risucchiati dalla riforma della Champions, dal nuovo format del mondiale per club a 32 squadre a partire dal 2025, che aumentano il rischio di un frazionamento delle gare interne che avranno un impatto meno robusto rispetto alle rassegne Fifa ed Uefa.
L’accordo è stato sottoscritto con diciassette a favore, tre contrari, dati racchiusi nelle parole dell’ad della Lega (De Siervo) e del presidente del Napoli (De Laurentiis) che a distanza sono stati protagonisti di una recita che come la giri e la volti, fa sorridere. Per De Siervo, è stato fatto il massimo, tenuto conto della pirateria di cui sopra, che continua a limare la volontà dello stesso governo di cambiare le carte in tavola. Semmai, De Siervo auspica che i ricavi con Dazn possano arrivare al miliardo di euro e di conseguenza migliorare l’indotto della passata tornata.
Infuriato invece De Laurentiis che si è ritrovato solo al tavolo della protesta con Iervolino e Giulini. Il numero uno del Napoli aveva provato a ritardare il voto per convincere i colleghi a bocciare le proposte, puntando sulla realizzazione di un canale della Lega calcio in grado di vendere in maniera autonoma i diritti del nostro campionato senza passare per i broadcaster. Se vogliamo, una bella rivoluzione che per come è stata concepita, può tranquillamente attendere, visto che non è certo il paradiso immaginato da Adl, con rischi di azienda troppo alti. Se ne parla da tanti anni, ma non è stata mai messa in pratica. La rivoluzione, quella vera, di ripartire i proventi in parti uguali, non piace a nessuno dei big, tutti con il braccino corto, vogliosi di incassare, tanto, a dispetto di chi con qualche manciata di denari in più, potrebbe permettersi ben altra storia. E alla fine, tutto cambia per non cambiare. Con buona pace di De Laurentiis.
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