Il Piano Nazionale per le Riforme (PNR) a cui il governo sta lavorando e che deve essere trasmesso a Bruxelles in allegato al Dpef – a stare alle bozze in circolazione – riassume le misure a sostegno alle famiglie e alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Le misure principali adottate, per uno stanziamento complessivo di circa 5,4 miliardi con impatto sull’indebitamento netto per circa 4,5 miliardi, riguardano:
I contenuti del PNR – in materia di sostegno alla famiglia – sono senza dubbio importanti, ma si riducono ad un insieme di interventi privi di organicità. E questa impostazione stride con le finalità, anche istituzionali, del Piano che dovrebbe essere improntato alla riforma di un settore – riconducibile alla problematica dell’assistenza – che pur dispone di importanti risorse. Nel 2019 – i dati sono tratti dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2020 – la spesa complessivamente erogata dalle Amministrazioni pubbliche per prestazioni assistenziali (in denaro e in natura) è risultata pari a 52,7 miliardi di euro con un incremento annuo del 6,6 per cento (3,7 nel 2018). Le prestazioni monetarie, che rappresentano circa l’83 per cento delle erogazioni complessive, sono risultate pari a 43,7 miliardi (2,4 per cento del Pil e 5,4 per cento della spesa primaria) e sono cresciute del 10,2 per cento su base annua (3,6 nel 2018).
Le prestazioni sociali in natura sono ammontate a 10 miliardi (0,5 per cento del Pil e 1,1 per cento della spesa primaria), -6,8 per cento rispetto all’anno prima. La profondità ed estensione della crisi conosciuta dal nostro Paese ha prodotto, più che in altri paesi, una forte domanda di protezione sociale. I dati di fonte ISTAT ed Eurostat indicano che tra il 2008 e il 2018 i principali indicatori di disagio sociale sono cresciuti in misura significativa: in Italia la percentuale di cittadini in condizioni di povertà assoluta è passata dal 3,6 all’8,4 per cento nel 2017; nel 2018 si è registrata la stabilizzazione sul livello massimo del 2017; la quota di persone a rischio di povertà o esclusione sociale è salita dal 25,5 al 30,0 per cento nel 2016 ed è poi scesa di 1,1 punti nel 2017 ed in misura più consistente nel 2018; quella infine delle persone in condizioni di grave deprivazione materiale è cresciuta dal 7,5 al 12,1 per cento, per poi scendere al 10,1 nel 2017 e all’8,5 per cento (quindi di 1,6 punti) nel 2018.
Gli indicatori presentano in generale un livello più basso nell’Area dell’euro, dall’altro che la crescita nella fase di crisi è stata assai meno pronunciata che in Italia (i due ultimi indicatori sono passati dal 21,7 al 23,1 e poi al 21,5 per cento nel 2018 il primo e dal 5,9 al 5,5 per cento il secondo). Tra il 2017 e il 2018 il recupero è stato molto più significativo in Italia, a riflesso del ri-orientamento delle politiche contro la povertà avvenuto con il varo del REI. Quanto al reddito di cittadinanza (RdC) secondo la Corte dei Conti, a consuntivo, nel 2019, il numero di domande presentate è stato complessivamente pari a circa 1,65 milioni. Di esse, sono state accolte poco meno di 1,1 milioni istanze mentre 456 mila sono state respinte e 88 mila risultavano ancora in lavorazione. Il tasso di accoglimento, inteso quale rapporto tra domande accolte su domande complessivamente lavorate, è risultato pari al 70 per cento. Il numero di nuclei familiari che hanno avuto accesso al beneficio corrisponde pertanto all’88 per cento della stima iniziale.
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