Piano nazionale per le riforme: ecco cosa prevede

Il Piano Nazionale per le Riforme (PNR) a cui il governo sta lavorando e che deve essere trasmesso a Bruxelles in allegato al Dpef – a stare alle bozze in circolazione – riassume le misure a sostegno alle famiglie e alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Le misure principali adottate, per uno stanziamento complessivo di circa 5,4 miliardi con impatto sull’indebitamento netto per circa 4,5 miliardi, riguardano:

  • la possibilità di usufruire di un congedo parentale straordinario per 30 giorni aggiuntivi, con un’indennità al 50 per cento del trattamento retributivo fino al 31 luglio 2020. In alternativa le famiglie possono chiedere un contributo economico statale straordinario per il pagamento di servizi di cura dei figli a domicilio, ‘Bonus baby-sitting’, nel limite massimo di 1.200 euro (aumentato fino a 2.000 euro per il personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e le Forze dell’Ordine) utilizzabile anche per il pagamento di rette per la frequenza di centri estivi e di servizi integrativi per l’infanzia. Per questi interventi sono stati stanziati circa 1,6 miliardi, con impatto su indebitamento netto pari a circa 1,2 miliardi.
  • L’estensione per tutto il 2020, della platea di potenziali beneficiari della Carta della Famiglia, una carta sconti che lo Stato offre ordinariamente alle famiglie con almeno tre figli conviventi e minori di 26 anni di età.
  • L’equiparazione a malattia del trattamento economico dei periodi di trascorsi in sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dai lavoratori del settore privato (circa 0,4 miliardi, con impatto su indebitamento netto pari a circa 0,3 miliardi).
  • Incrementato di 24 giorni complessivi il numero di giorni di permesso ex L. n. 104/1990 (circa 1,2 miliardi, con impatto su indebitamento netto stimato in circa 0,9 miliardi).
  • Fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile sarà la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle Pubbliche Amministrazioni.
  • Ai lavoratori con reddito annuo lordo fino a 40.000 euro che, nel mese di marzo, abbiano svolto la propria prestazione sul luogo di lavoro (non in smart working) viene riconosciuto un premio di 100 euro, non tassabile in proporzione ai giorni lavorati (il costo in termini di indebitamento netto è di circa 0,9 miliardi).
  • L’attuale ‘Bonus IRPEF’ di 80 euro per il 2020 e il trattamento integrativo fino a 100 euro introdotto spettante a partire dal 1 luglio 2020 ai lavoratori dipendenti, sono riconosciuti al lavoratore anche nel periodo in cui lo stesso abbia fruito delle misure a sostegno del lavoro connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
  • Si istituisce, inoltre, il Reddito di Emergenza (REM) destinato ai nuclei familiari in difficoltà e finora esclusi dagli attuali sussidi. Il REM ammonta a 400 euro moltiplicati per la scala di equivalenza del RdC fino a 800 euro. Lo stanziamento complessivo per il REM è di 955 milioni nel 2020.
  • Rifinanziamento, estensione ai lavoratori autonomi e semplificazione dell’utilizzo del fondo per mutui prima casa, eliminando la condizione legata al reddito ISEE. Nonché introduzione di misure per garantire l’immediata disponibilità delle risorse previste dal Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo inquilini morosi incolpevoli.
  • Incremento del Fondo per le non autosufficienze di 90 milioni per l’anno 2020, e del Fondo per l’assistenza delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare per 20 milioni per il 2020. Previsto inoltre l’incremento di risorse per 40 milioni per il 2020 per il Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità. Prevista per il 2020 un’integrazione del Fondo per le politiche della famiglia di 150 milioni destinata ai Comuni.

I contenuti del PNR – in materia di sostegno alla famiglia – sono senza dubbio importanti, ma si riducono ad un insieme di interventi privi di organicità. E questa impostazione stride con le finalità, anche istituzionali, del Piano che dovrebbe essere improntato alla riforma di un settore – riconducibile alla problematica dell’assistenza – che pur dispone di importanti risorse. Nel 2019 – i dati sono tratti dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2020 – la spesa complessivamente erogata dalle Amministrazioni pubbliche per prestazioni assistenziali (in denaro e in natura) è risultata pari a 52,7 miliardi di euro con un incremento annuo del 6,6 per cento (3,7 nel 2018). Le prestazioni monetarie, che rappresentano circa l’83 per cento delle erogazioni complessive, sono risultate pari a 43,7 miliardi (2,4 per cento del Pil e 5,4 per cento della spesa primaria) e sono cresciute del 10,2 per cento su base annua (3,6 nel 2018).

Le prestazioni sociali in natura sono ammontate a 10 miliardi (0,5 per cento del Pil e 1,1 per cento della spesa primaria), -6,8 per cento rispetto all’anno prima. La profondità ed estensione della crisi conosciuta dal nostro Paese ha prodotto, più che in altri paesi, una forte domanda di protezione sociale. I dati di fonte ISTAT ed Eurostat indicano che tra il 2008 e il 2018 i principali indicatori di disagio sociale sono cresciuti in misura significativa: in Italia la percentuale di cittadini in condizioni di povertà assoluta è passata dal 3,6 all’8,4 per cento nel 2017; nel 2018 si è registrata la stabilizzazione sul livello massimo del 2017; la quota di persone a rischio di povertà o esclusione sociale è salita dal 25,5 al 30,0 per cento nel 2016 ed è poi scesa di 1,1 punti nel 2017 ed in misura più consistente nel 2018; quella infine delle persone in condizioni di grave deprivazione materiale è cresciuta dal 7,5 al 12,1 per cento, per poi scendere al 10,1 nel 2017 e all’8,5 per cento (quindi di 1,6 punti) nel 2018.

Gli indicatori presentano in generale un livello più basso nell’Area dell’euro, dall’altro che la crescita nella fase di crisi è stata assai meno pronunciata che in Italia (i due ultimi indicatori sono passati dal 21,7 al 23,1 e poi al 21,5 per cento nel 2018 il primo e dal 5,9 al 5,5 per cento il secondo). Tra il 2017 e il 2018 il recupero è stato molto più significativo in Italia, a riflesso del ri-orientamento delle politiche contro la povertà avvenuto con il varo del REI. Quanto al reddito di cittadinanza (RdC) secondo la Corte dei Conti, a consuntivo, nel 2019, il numero di domande presentate è stato complessivamente pari a circa 1,65 milioni. Di esse, sono state accolte poco meno di 1,1 milioni istanze mentre 456 mila sono state respinte e 88 mila risultavano ancora in lavorazione. Il tasso di accoglimento, inteso quale rapporto tra domande accolte su domande complessivamente lavorate, è risultato pari al 70 per cento. Il numero di nuclei familiari che hanno avuto accesso al beneficio corrisponde pertanto all’88 per cento della stima iniziale.