Era da mesi che si aspettava qualche passo in avanti a livello della UE per mettere un limite alla speculazione sui prezzi dei prodotti energetici. Alla fine il tetto (cap in inglese) al prezzo del petrolio è andato in vigore ai primi di dicembre a 60 dollari al barile, e il prezzo sui mercati è sceso al di sotto. Il 19 dicembre finalmente si è raggiunto l’accordo (a maggioranza qualificata, inclusa la Germania) sul tetto al prezzo del gas a 180 euro al megawattora che scatterà dal 15 febbraio, ogni volta che le quotazioni supereranno tale livello per 3 giorni consecutivi. Solo l’Ungheria è stata contraria e Austria e Paesi Bassi si sono astenuti. Niente è ancora stato detto sugli acquisti comuni, mentre il Qatargate del Parlamento europeo mette a rischio gli approvvigionamenti di gas liquido dal Medio Oriente. Per fortuna, al momento le riserve sono alte e i consumi sono un po’ calati.
Nulla si sa di tutti gli altri dossier sul tavolo, dall’accordo sui migranti a un fondo aggiuntivo per l’energia, dalla nuova versione del Fiscal Compact all’aggiornamento del PNRR a causa dei prezzi aumentati per l’inflazione. La UE soffre di non aver fatto dei passi in avanti prima della successione di crisi che si sono inanellate negli ultimi anni, ma è fortunatamente viva. E che lo sia viene dimostrato dal governo italiano, formato da partiti tradizionalmente anti-UE, che però si sono rivelati inaspettatamente responsabili di fronte alla situazione che stiamo vivendo e hanno varato una finanziaria senza gravi rotture nei confronti della linea europea. Sono particolarmente contenta che proprio l’Italia abbia dimostrato la consapevolezza che le sfide che abbiamo davanti non si possono vincere da soli, ma occorre cercare quella cooperazione europea che sola può garantire passi in avanti e limitazione dei danni. Se l’Italia si mettesse, come nel caso del tetto ai prezzi di petrolio e gas, alla testa dei paesi che propongono soluzioni cooperative sarebbe davvero una svolta per il nostro paese.
Resta purtroppo vero che ancora la UE non ha trovato un nuovo equilibrio di potere dopo che la Germania è stata messa in condizioni difficili dalla sua precedente politica di spinta alle esportazioni a tutti i costi e di abbassamento dei costi delle importazioni a tutti i costi, sottovalutando ampiamente i problemi di sicurezza che queste sue priorità imponevano alla Germania stessa e all’intera Europa. D’altra parte, la Germania non è mai stata in grado di praticare una politica estera autonoma, avendo avuto una storia difficile di tentativi di conquista militare falliti, che le hanno lasciato dopo la seconda guerra mondiale una visione tutta concentrata sul proprio successo economico, appena temperato dalla partecipazione alla UE.
Ora le cose devono cambiare, ma le condizioni di questo cambiamento sono rese difficili dalla prosecuzione di una guerra efferata, di cui non si vede la conclusione. Dobbiamo dunque accontentarci di qualunque anche piccolo passo avanti e contribuire ad unire piuttosto che a dividere, a fare proposte costruttive piuttosto che a lamentarci di quello che gli altri non fanno. Ciò che in assoluto oggi sarebbe più urgente è trovare una strada per la pace. Ma sembra che al momento l’unica azione utile per raggiungere la pace è la preghiera.
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