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L’ascensore tra Chiesa e politica

“Un anonimo autore del II secolo scrisse che i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo. Il compito dell’anima è quello di sostenere il corpo, di esserne la coscienza e la memoria storica”. Il passaggio sopracitato è contenuto nel discorso che il Santo Padre ha tenuto a Strasburgo davanti al Parlamento Europeo, il 25 novembre 2014. Ed è un riferimento, quello di Papa Francesco, che a distanza di tempo è di un’attualità tanto disarmante quanto illuminante. Perché è esattamente quello che sta facendo il Vaticano in questa fase storica, tornato ad essere centrale nel dibattito politico di casa nostra, e non solo. Non come oggetto ma come soggetto pensante.

Dall’immigrazione alle unioni civili, dalle scelte economiche alle questioni etiche, non c’è capitolo nel quale la Santa Sede non sia tornata ad essere un protagonista e non una comparsa, riacquistando un posizione che nemmeno la Democrazia Cristiana aveva saputo interpretare. Andando al di là delle polemiche ferragostane, è del tutto evidente che l’assenza di una coscienza nelle scelte che vanno facendo i governi del Vecchio Continente ha imposto al Vaticano una rimodulazione delle valutazioni fatte negli ultimi anni.

Questa inversione di rotta, rispettando il principio che a ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria, ha indotto i cattolici impegnati in politica a misurarsi con le indicazioni della Santa Sede. E se nel mondo questo confronto si misura su livelli particolarmente alti e sensibili, che guardano al futuro come nel caso di Cuba e dell’Iran con risultati concreti, nell’agone di casa nostra l’asticella è stata collocata a una misura inferiore. E non certo per scelta del mondo cattolico, quanto per l’incapacità della classe politica di elevarsi. In definitiva la ritrovata centralità del Vaticano nel dibattito interno rappresenta una sorta di ascensore culturale, capace di portare il confronto fra le parti su un piano superiore, capace di distaccarsi dal solito chiacchiericcio fatto a base di battute e boutade.

Prendiamo il caso dell’immigrazione, diventato il perno di tutti i dibattiti politici. “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”, è il tema scelto da Papa Francesco per la 102esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il 17 gennaio 2016. Un titolo alto e nobile, che vola molto al di sopra delle battute di una certa politica.

La coscienza accanto alla riconoscenza, l’anima che collabora con il corpo. Con la scelta di questo tema, sottolineano in Vaticano, “si vuole fare presente la drammatica situazione di tanti uomini e donne, costretti ad abbandonare le proprie terre. Non si devono dimenticare, per esempio, le attuali tragedie del mare che hanno per vittime i migranti. Di fronte al rischio evidente che questo fenomeno sia dimenticato, il Santo Padre presenta il dramma dei migranti e rifugiati come una realtà che ci deve interpellare”.

Non si tratta di un’invasione di campo, ma di una delimitazione del perimetro. Sarà pure un caso, ma un lungo applauso della platea ha sottolineato la lettura dei messaggi di Papa Francesco e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che hanno aperto la trentaseiesima edizione del Meeting di Cl a Rimini. L’anima e il corpo sotto lo stesso tetto….

Macario Tinti

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