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La cattedra del dialogo

Nell’era dei leader divisivi, il viaggio in Marocco conferma Francesco come unica autorità morale in grado di unire su scala mondiale. Dopo la partecipazione all’incontro interreligioso di febbraio ad Abu Dhabi, della seconda visita in un paese a maggioranza musulmana, un flash racchiude più di tutti gli altri la forza simbolica della missione papale . E cioè il saluto nella Cattedrale di Rabat a fratel Jean-Pierre Schumacher, sopravvissuto miracolosamente alla strage di monaci di Tibhirine, in Algeria, nel 1996. I cattolici non sono “piccolo gregge” soltanto nel regno di Muhammad VI (al 99% sunnita) ma in tutto il Maghreb. Francesco si ispira al predecessore Giovanni Battista Montini per ribadire che “la Chiesa si fa parola, messaggio, colloquio” e difende la fratellanza tra cristiani e musulmani “lacerata dalle politiche di integralismo e divisione, dai sistemi di guadagno smodato, dalle tendenze ideologiche odiose che manipolano le azioni e i destini degli uomini”. Insomma, avanti il dialogo con l’Islam. E la carità, specialmente verso i più deboli, è la migliore opportunità per “lavorare in favore di una cultura dell’incontro” . Al contrario, avverte Jorge Mario Bergoglio,”l’odio e la vendetta uccidono l’anima della nostra gente, avvelenano la speranza dei nostri figli, distruggono e portano via tutto quello che amiamo”.

Due giorni intensi di lavori e incontri per il Pontefice, culminati nella Messa allo stadio Moulay Abdellah, la più partecipata della storia del Marocco con il mandato alla minoranza cattolica, composta da lavoratori e studenti immigrati dall’Africa subsahariana: “Possiate essere qui i servitori della speranza di cui il mondo ha tanto bisogno”. E’ proprio dove i discepoli di Gesù sono numericamente una goccia in un mare islamico che si riscoprono evangelicamente lievito nella massa. “Il problema dei cristiani non sono i numeri bassi, ma l'insignificanza”, afferma a Rabat Francesco di fronte a preti, religiosi e al Consiglio ecumenico.

Una geopolitica della testimonianza che affonda le proprie radici anche nella sollecitudine di Joseph Ratzinger, fin dagli anni della cattedra episcopale di Monaco-Frisinga, per quelle comunità minoritarie che imprimono nel cuore della Chiesa l'esistenza della povertà, della fame, dell'ingiustizia. Una prova di fedeltà al Vangelo e la Soglio di Pietro così profonda da “non lasciarci più tranquilli e da farci desiderare che nuovamente a tutti siano presenti le parole del Magnificat: Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. L’esempio eroico dei cristiani del Maghreb ridesta l'urgenza di una conversione all'amore, alla lotta per la giustizia. Sono loro a far comprendere all’Occidente confuso e secolarizzato la necessità che nelle nostre comunità viva molto di più il senso dell'universalità e della cattolicità della Chiesa. La presenza numericamente esigua ma simbolicamente fondamentale dei cristiani in terra d’Islam richiama l’attenzione dei fedeli occidentali su quegli elementi profetici e familiari che rischiano di venir meno nella loro vivezza.

Per la Santa Sede il dialogo interreligioso non è un’opzione tra tante, bensì l’unico antidoto a un apocalittico scontro tra civiltà. E Francesco è tutt’altro che un apprendista stregone che evoca forze che poi non sa governare. Ha la lungimiranza pastorale e la sagacia diplomatica per far camminare il proprio pontificato su due solide gambe: fede e ragione. Per Francesco la fede non è una parola magica per uscire dalle difficoltà della ragione, ma un modo di approfondire realtà e verità delle cose, in piena continuità con quanto può fare la ragione umana. Con la fede si riesce ad andare oltre, più a fondo, alla radice del senso della realtà e della verità stessa. Dalla profonda conoscenza di Sant’Agostino gli derivano appunto i riferimenti ai temi della fede, della ragione, della verità e dell'amore. All'interno della sua incessante predicazione sulla misericordia, sull’intelligenza e la verità della fede si scorge sempre la scintilla della verità dell'amore. Ovunque lo porti la sua missione Francesco esorta a conoscere sempre più colui che ama, cioè Gesù.

Giacomo Galeazzi

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