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Il settore dimenticato

In Italia il settore della Logistica dovrebbe essere davvero strategico, in considerazione non solo delle sue tradizioni, ma del posizionamento geografico, come porta dell’Europa, centro del Mediterraneo. Ed in passato il nostro ruolo era effettivamente significativo. Purtroppo da molti anni stiamo perdendo terreno, anche se qualche segnale positivo nel 2016 sembra essersi registrato. Ma si tratta solo di piccoli segnali, non certo di una significativa inversione di tendenza. E in questo caso la “crisi” internazionale conta fino ad un certo punto.

Oggi verso l’area Med abbiamo uno scambio di merci che viaggia via mare, via aerea, e con trasporti intermodali pari a oltre 65 miliardi di euro; verso il mondo scambiamo merci per oltre 750 miliardi di euro, di questi 240 per via marittima.

In Italia i servizi logistici hanno contano 200 miliardi di euro, il 13% sul Pil nazionale, e danno lavoro a 1 milione di persone. Ogni 100 euro di investimenti/servizi effettuati nel comparto logistico hanno attivato 237 euro di reddito complessivo nel sistema economico nazionale. E questo senza contare gli effetti positivi che una logistica efficiente potrebbe avere per le esportazioni Made in Italy. Eppure l’Italia è al 24° posto nel ranking mondiale del settore.

Il vero problema italiano, anche nel settore della Logistica, è strutturale. Ma mentre per intervenire sui grandi temi occorrerebbe un impegno forte e strategico che purtroppo per ora non si è messo in cantiere, per alcuni interventi di deburocratizzazione basterebbe un poco di buona volontà.

Occorre anche considerare che il settore è fondamentale anche per le entrate che garantisce al fisco attraverso la Dogana. Ridare spazio alla logistica significherebbe quindi anche poter aumentare le entrare statali, in modo sensibile.

Per incentivare questo aspetto e tagliare l’inefficienza nei trasporti bisognerebbe
·         Migliorare le infrastrutture portuali e di collegamento:
L’Italia è in una posizione strategica per intercettare i traffici del mediterraneo, eppure non riusciamo ad essere troppo spesso competitivi.
I nostri porti sono piccoli e  gestiti in modo disomogeneo da una rete di 23 autorità portuali diverse, poco coordinate tra loro e risultano troppo costosi rispetto ad altri HUB del mediterraneo perché soffrono di un GAP infrastrutturale importante. Spesso i collegamenti alle reti di trasporto (ferroviario e autostradale) sono vecchi e inadeguati al traffico e alle moderne esigenze di trasporto e questo limita notevolmente la possibilità di espansione.

·         Snellire le procedure burocratiche all’importazione:
La normativa  doganale è unica in tutto il territorio dell’UE eppure oggi in Italia bisogna dialogare spesso con autorità diverse. Un’esempio è quello dei controlli trasversali di più enti che vengono effettuati su una stessa spedizione che in alcuni casi portano a completare uno sdoganamento in 5/7 giorni, mentre nel nord Europa si sdogana al massimo in 48 ore.

·         Incentivare i trasporti su ferro e intermodale
In presenza di infrastrutture adeguate i trasporti ferroviari presentano un grado di efficienza e convenienza infinitamente superiore al trasporto su gomma. I trasporti ferroviari combinati con quelli terrestri possono dare una resa economica e ambientale non paragonabile a quello che avviene per i trasporti svolti esclusivamente su gomma.

In una epoca nella quale la globalizzazione è ormai reale, sopratutto la burocrazia italiana allontana dalle nostre frontiere le aziende che vogliono importare in Europa, che preferiscono entrare nel Vecchio Continente da altri paesi nei quali le Dogane sono più semplici e veloci. Merci che poi vengono comunque distribuite in tutta Europa, Italia compresa. In sostanza, l’unico risultato della nostra normativa doganale è quello di portare l’indotto economico della Logistica (e le conseguenti tassazioni) in Paesi altri.

In Italia invece di incentivare il settore, si prendono provvedimenti che rischiano di metterlo ancora più in difficoltà, basti pensare alla recente decisione sui “Depositi Iva”, che costringe i gestori dei Depositi doganali ad anticipare l’Iva nel momento dell’arrivo della merce e non, come accadeva precedentemente, al momento della sua effettiva distribuzione o vendita. Un provvedimento che rischia di eliminare dal mercato molti operatori che non hanno le necessarie disponibilità di liquidità anticipata.

Quindi certo, i nostri “costi” doganali sono maggiori rispetto ad altri paesi. Ma se nell’agenda politica del Paese vi fosse una maggiore consapevolezza del ruolo strategico della logistica, basterebbe in fondo poco, per ridurre la burocrazia, ridurre i tempi di sdoganamento, coordinare la autorità portuali e gli enti predisposti ai controlli. Attività opportune, necessarie, su cui tutti concordano e che avrebbero costo zero per l’amministrazione pubblica. Con notevoli vantaggi per l’Erario, le aziende del settore, l’occupazione, le esportazioni.

Francesco Isola

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