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Giornata mondiale della giustizia sociale: non c’è uguaglianza senza libertà

Quando una società può dirsi giusta? Una domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi per trovare il suo piccolo-grande contributo da dare alla realizzazione di un mondo migliore. Nella nostra Costituzione, all’articolo 3, c’è scritto che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” ed anche che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. 

Dunque la giustizia sociale si intreccia inevitabilmente con le opportunità economiche e la libertà. Concetti, questi, tutti relativamente recenti. Appartiene infatti al dibattito moderno la riflessione sulla giustizia sociale perchè, nella pratica, riguarda soprattuto il mondo post rivoluzione industriale dove lo sviluppo economico ha determinato la crescita esponenziale delle differenze tra le persone, in particolare in termini di opportunità. 

La giustizia sociale più che un obiettivo, dovrebbe essere un metodo di lavoro della politica e di tutte le istituzioni mondiali che prendono decisioni che incideranno sulla vita dei cittadini. Giustizia sociale non è solo un insieme di diritti e doveri, o ordine sociale; è anche – e soprattutto – la realizzazione della libertà della persone: libertà dalla fame, dalla povertà, dall’ignoranza, dalla disoccupazione. E’ un concetto dinamico che cresce con la società, è un percorso storico culturale, che avanza con il raggiungimento del benessere collettivo e non certo con quello di pochi. 

Per i cristiani, invece, il tema della giustizia sociale è stata in qualche modo parte integrante della loro stessa fede: la carità “è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”, scrive Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in Veritate”. L’amore – si legge – “è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace”.

Papa Francesco ha spesso affrontato questi temi, a lui molto cari, sottolineando come il problema della povertà ora non sia solo della Chiesa. Oggi è anche un problema dei singoli e delle comunità. Bergoglio ha ricordato più volte come non può esserci giustizia sociale “che possa fondarsi sull’iniquità” rappresentata dalla “concentrazione della ricchezza” e ha poi insistito sul valore del lavoro come mezzo di liberazione dalla povertà, dalle disuguaglianze: “la precarietà uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia”. 

Dopo la crisi finanziaria, il terrorismo e la pandemia è ormai evidente come tutto il mondo sia interconnesso. Questo richiede un cambio di prospettiva e l’aggiunta di un ulteriore termine: giustizia sociale globale.

Susanna Lemma

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