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Ai piedi del prossimo

Il Giovedì Santo è il giorno in cui Gesù si mette il grembiule per lavare i piedi ai suoi discepoli. In questo modo si fa schiavo dell'umanità per liberarla dalle ingiustizie. Celebrando questo rito all'interno del carcere di Regina Coeli il Papa ripercorre le gesta del Signore e lo fa nei confronti dei detenuti.

Il Santo Padre dimostra che l'uomo non è il suo errore e che la salvezza donata agli uomini da Dio Padre attraverso suo Figlio riguarda tutti e, in particolare, quanti riconoscono i propri peccati e sbagli. Da Papa Francesco arriva, quindi, un segno evidente, chiaro, come lo è il suo linguaggio

Un segnale anche per chi lavora all'interno del carcere con i detenuti e le loro famiglie, che deve ribadire la necessità d'individuare percorsi alternativi nei quali la certezza della pena coincida con quella del recupero. Questo è possibile solo grazie a programmi come quelli proposti dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Penso alle Cec, le Comunità educanti per i carcerati che consentono di ridurre la recidiva sino al 10% contro il 75% dei penitenziari. Il gesto del Papa va, quindi, letto come un invito a lavorare insieme rivolto non solo ai detenuti ma anche alla magistratura, alle istituzioni e ai volontari affinché si dimostri che il percorso di recupero è possibile e ognuno può mettere le proprie capacità e i propri talenti a disposizione del bene comune

La ricorrenza odierna ci ricorda l'importanza del servizio. Concetto che non esaurisce con, la pur importante e giustamente retribuita, attività lavorativa ma implica anche la creazione di relazioni umane significative e fondate sul rispetto reciproco. Lo spirito di servizio, in sostanza, deve tirare fuori il bene che è dentro ognuno di noi, valorizzandolo e mettendolo a frutto. Noi crediamo che anche all'interno dello stesso carcere le persone possano riprendere il percorso scolastico, lavorare e, ove possibile, avere contatti con le loro famiglie per ristabilire le relazioni. 

Noi cristiani, non dimentichiamolo, dobbiamo farci interpellare dai bisognosi, non solo quando vengono a cercarci ma anche quando non lo fanno. Siamo chiamati a commuoverci, come fa, nella parabola evangelica, il buon samaritano, che si prende cura del viandante aggredito dai briganti e lasciato mezzo morto ai margini della strada. Il cristiano, in altre parole, non solo s'interroga su chi sia il suo prossimo, ma si fa prossimo, agendo direttamente, senza delegare.  

Paolo Ramonda

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