Tripoli riconsegna mogli e figli di combattenti Isis alla Tunisia. Si tratta di 4 donne e 9 bambini.Secondo Abdelkabir sarebbero ancora decine in carcere a Tripoli mentre i militanti Isis sono morti oppure in carcere.
Le forze di sicurezza libiche hanno consegnato alla Tunisia 4 donne e 9 bambini, mogli e figli di combattenti dell’Isis. Lo riferisce The Libya Review, citando Mustafa AbdelKabir, capo dell’Osservatorio tunisino per i diritti umani, il quale ha precisato che “non meno di dieci donne tunisine, sposate con militanti dello “Stato islamico”, sono attualmente detenute nel carcere di Mitiga, a Tripoli, a seguito di sentenze emesse contro di loro”.
AbdelKabir ha invitato le autorità tunisine a “coordinarsi con i funzionari libici, affinché le donne imprigionate scontino il resto della loro pena in Tunisia, sotto la supervisione congiunta di entrambi i Paesi”. Secondo la stessa fonte queste donne “devono scontare pene detentive che vanno dai 6 ai 16 anni e sono accompagnate da 19 bambini. Sarebbe nell’interesse dei minori risiedere nel loro Paese d’origine, sotto la protezione delle loro istituzioni ufficiali”.
Si tratta di un problema conosciuto anche da altri Paesi, quello della ricollocazione o ritorno in patria dei minori figli di militanti del sedicente Stato islamico. Spesso i militanti sono morti oppure in carcere. Nel caso della Tunisia, è stato stimato che negli ultimi dieci anni migliaia di suoi cittadini siano partiti per unirsi a gruppi estremisti in Siria, Iraq e Libia. Il Paese sta ora affrontando la sfida di gestire i rimpatriati, inclusi non solo i combattenti ma anche le loro famiglie. Ciò ha sollevato una serie di questioni legali, di sicurezza e umanitarie. I figli di questi combattenti, in particolare, rappresentano una sfida unica, poiché sono spesso visti sia come vittime sia come potenziali rischi per la sicurezza. Il recente trasferimento di donne e bambini dalla Libia alla Tunisia fa parte di uno sforzo per affrontare queste complesse questioni, che implicano considerazioni di equilibrio tra giustizia, sicurezza, preoccupazione umanitaria e diritto internazionale.
Fonte: Ansa
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